MATURITA' CLASSICA
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Traduzioni più letterali dei seguenti brani (ma solo dal 1960 e neanche tutti, beninteso) potete consultarle nella relativa sezione di studentimiei.it , sito che presenta anche un'utile pagina sulla metodologia del tradurre.

Potete, inoltre, esercitarvi utilizzando le traduzioni guidate (con commenti grammaticali e altro) che trovate qui (sezione creata nel 2003, ma sempre valida)

Per ripassi grammaticali on line, invece, consiglio di visionare il sito del prof. Vittorio Todisco

Utilizzate questa sezione per esercitarvi e rendervi conto del livello di preparazione richiesto in sede d'esame; inoltre, ben volentieri il Ministero richiama, nell'argomento dei brani proposti per la traduzione, temi d'attualità: ecco perché ho preferito linkare gli anni al sito cronologia.it, per eventuali raffronti. Infine, conviene sempre avere una buona preparazione di letteratura latina, per tradurre bene: gli autori dei brani presentati, dunque, rimandano a loro volta alla sezione di letteratura di progettovidio.it, per un'eventuale rispolverata di memoria :).



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ID 19
anno 1965 (I sess.)
autore Plinio il Giovane
titolo brano Sensibilità sociale di un romano
opera Epistolario, VIII, 16 passim
originale Confecerunt me infirmitates meorum, mortes etiam, et quidem iuvenum. Solacia duo nequaquam paria tanto dolori, solacia tamen: unum facilitas manumittendi - videor enim non omnino immaturos perdidisse, quos iam liberos perdidi -, alterum quod permitto servis quoque quasi testamenta facere, eaque ut legitima custodio. Mandant rogantque quod visum; pareo ut iussus. Dividunt donant relinquunt, dumtaxat intra domum; nam servis res publica quaedam et quasi civitas domus est. Sed quamquam his solaciis adquiescam, debilitor et frangor eadem illa humanitate, quae me ut hoc ipsum permitterem induxit. Non ideo tamen velim durior fieri. Nec ignoro alios eius modi casus nihil amplius vocare quam damnum, eoque sibi magnos homines et sapientes videri. Qui an magni sapientesque sint, nescio; homines non sunt. Hominis est enim adfici dolore sentire, resistere tamen et solacia admittere, non solaciis non egere.
traduzione Mi rattristarono le malattie della mia gente, anche le morti, e anche di persone giovani. Due sole consolazioni non certo pari a sì gran dolore, ma pur consolazioni: anzitutto la possibilità di operar manomissioni (mi pare infatti di non aver perduto troppo immaturamente coloro che perdetti da liberi), poi il permesso accordato anche agli schiavi di fare delle specie di testamenti e che io rispetto come avessero valor legale. Dispongono e pregano, come a lor pare; obbedisco come a degli ordini. Essi fanno partizioni, donazioni, lasciti, a condizione che tutto avvenga nella cerchia domestica, giacché la casa per gli schiavi è per così dire lo Stato e quasi la loro città. Ma benché io sia confortato da queste consolazioni, mi abbatte e mi snerva la stessa tenerezza che mi ha indotto a permettere tali gesti.
Non perciò voglio divenire men sensibile. Né ignoro che altri considerano null'altro che un danno dei casi di tal genere, pur stimando se stessI e del grandi uomini e dei saggi. Saggi non so se lo sono, uomini no di certo. È infatti dell'uomo essere scosso dal dolore, sentirlo, sapervi tuttavia resistere e ricever consolazioni, non già non aver bisogno di consolazione. [trad. L. Rusca]