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Ovidio - database
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Svetonio
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Vita dei Cesari III (Tiberio),59
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originale
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[59] Multa praeterea specie grauitatis ac morum corrigendorum, sed et magis naturae optemperans, ita saeue et atrociter factitauit, ut nonnulli uersiculis quoque et praesentia exprobrarent et futura denuntiarent mala:
Asper et immitis, breuiter uis omnia dicam?
dispeream, si te mater amare potest.
Non es eques; quare? non sunt tibi milia centum;
omnia si quaeras, et Rhodus exilium est.
Aurea mutasti Saturni saecula, Caesar:
incolumi nam te ferrea semper erunt.
Fastidit uinum, quia iam sitit iste cruorem:
tam bibit hunc auide, quam bibit ante merum.
Aspice felicem sibi, non tibi, Romule, Sullam
et Marium, si uis, aspice, sed reducem,
Nec non Antoni ciuilia bella mouentis
non semel infectas aspice caede manus,
Et dic: Roma perit! regnauit sanguine multo,
ad regnum quisquis uenit ab exilio.
Quae primo, quasi ab impatientibus remedi[or]um ac non tam ex animi sententia quam bile et stomacho fingerentur, uolebat accipi dicebatque identidem: "Oderint, dum probent." Dein uera plane certaque esse ipse fecit fidem.
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traduzione
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59 Inoltre, un po' per severit? e per correggere i costumi, ma soprattutto per assecondare la sua natura, commise azioni cos? crudeli e atroci che alcuni, perfino in versi, gli rinfacciavano i mali presenti e anticipavano quelli futuri:
Brutta bestia, vuoi che te la dica in breve?
Mi venga un colpo se tua madre pu? volerti bene.
Non sei cavaliere; perch?? Non hai centomila sesterzi;
se vuoi saperlo, sei solo l'esiliato di Rodi.
Cesare, hai posto fine all'et? d'oro di Saturno:
Finch? vivrai, infatti, sar? sempre et? del ferro.
Il vino lo ripugna, perch? costui ha sete di sangue, ormai:
Di sangue si sazia, come un tempo di vino puro.
Romolo, guarda il felice Silla, felice non per te, ma per s?,
e se vuoi guarda anche Mario, ma al suo ritorno,
e cos? pure Antonio che scatena le guerre civili,
guarda le sue mani pi? di una volta insozzate di crimini,
ed esclama: Povera Roma! Con molto sangue ha regnato
chiunque dall'esilio sia giunto al comando.
In un primo tempo Tiberio voleva che si considerassero questi epigrammi opera di persone insofferenti delle sue riforme, che esprimevano non tanto il loro vero pensiero, ma il loro livore e la loro collera, e ripeteva spesso: ?Mi detestino, purch? mi approvino.? In seguito per? lui stesso dimostr? che erano pienamente giustificati.
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