[66] Vrebant insuper anxiam mentem uaria undique conuicia, nullo non damnatorum omne probri genus coram uel per libellos in orchestra positos ingerente. Quibus quidem diuersissime adficiebatur, modo ut prae pudore ignota et celata cuncta cuperet, nonnumquam eadem contemneret et proferret ultro atque uulgaret. Quin et Artabani Parthorum regis laceratus est litteris parricidia et caedes et ignauiam et luxuriam obicientis monentisque, ut uoluntaria morte maximo iustissimoque ciuium odio quam primum satis faceret.
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66 Per di pi? ingiurie diverse, giunte da ogni parte, esasperavano il suo animo inquieto, perch? non vi era condannato che non gli indirizzasse ogni sorta di insulti, sia apertamente, sia per mezzo di biglietti deposti sul banco dei senatori. Egli ne era afflitto in modo assai diverso: ora desiderava, per un sentimento di vergogna, che tutti questi oltraggi fossero sconosciuti e tenuti nascosti, ora invece, ostentando disprezzo, lui stesso li ripeteva e li rendeva pubblici. Perfino Artabano, il re dei Parti, lo rimprover? in una lettera con la quale gli rinfacciava i suoi parricidi, i suoi delitti, la sua ignavia, la sua lussuria e lo esortava a soddisfare al pi? presto, con una morte volontaria, l'odio implacabile e perfettamente giustificato dei suoi concittadini.
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