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autore
brano
 
Svetonio
Vita dei Cesari VIII (Vespasiano),23
 
originale
 
XXIII. Vtebatur et versibus Graecis tempestive satis, et de quodam procerae statuae improbiusque nato: makra bibas, kradaon dolichoskion enchos. et de Cerylo liberto, qui dives admodum ob subterfugiendum quandoque ius fisci ingenuum se et Lachetem mutato nomine coeperat ferre: ho Laches, Laches, epan apothanes, authis ex arches esei sy kerylos. Maxime tamen dicacitatem adfectabat in deformibus lucris, ut invidiam aliqua cavillatione dilueret transferretque ad sales. Quendam e caris ministris dispensationem cuidam quasi fratri petentem cum distulisset, ipsum candidatum ad se vocavit; exactaque pecunia, quantam is cum suffragatore suo pepigerat, sine mora ordinavit; interpellanti mox ministro: Alium tibi, ait, quaere fratrem; hic, quem tuum putas, meus est. Mulionem in itinere quodam suspicatus ad calciandas mulas desiluisse, ut adeunti litigatori spatium moramque praeberet, interrogavit quanti calciasset, et pactus est lucri partem. Reprehendenti filio Tito, quod etiam urinae vectigal commentus esset, pecuniam ex prima pensione admovit ad nares, sciscitans num odore offenderetur; et illo negante: Atqui, inquit, e lotio est. Nuntiantis legatos decretam ei publice non mediocris summae statuam colosseam, iussit vel continuo ponere, cavam manum ostentans et paratam basim dicens. Ac ne metu quidem ac periculo mortis extremo abstinuit iocis. Nam cum inter cetera prodigia Mausoleum derepente patuisset et stella crinita in caelo apparuisset, alterum ad Iuniam Calvinam e gente Augusti pertinere dicebat, Parthorum regem qui capillatus esset; prima quoque morbi accessione: Vae, inquit, puto, deus fio.
 
traduzione
 
23 Molto a proposito si serviva di versi greci, dicendo, ad esempio di un uomo di alta statura e mostruosamente sviluppato negli organi genitali: ?Procede a grandi passi, brandendo una lancia dalla lunga ombra?; e del suo liberto Cerilo che, allo scopo di sottrarre, una volta morto, la sua enorme fortuna ai diritti del fisco, aveva cominciato a vantarsi di essere nato libero e a farsi chiamare Lachete: ?O Lachete, Lachete, quando sarai morto, come prima sarai di nuovo Cerilo.? Ma soprattutto a proposito dei profitti indegni egli ostentava tutta la sua mordacit?, per attenuarne il carattere odioso con qualche battuta e buttarli sullo scherzo. Quando uno dei suoi servitori favoriti gli domand? un posto di intendente per un uomo di cui si diceva fratello, egli prese tempo per rispondere e fece venire di persona il candidato. Dopo avergli fatto versare esattamente la somma che costui aveva pattuito con il suo protettore, lo nomin? immediatamente e quando, pi? tardi, il servitore gli chiese notizie, gli rispose: ?Cercati un altro fratello, perch? quello che credevi il tuo, ? divenuto il mio.? Durante un viaggio, poich? un mulattiere era saltato a terra con la scusa di dover ferrare le sue mule, Vespasiano sospett? che volesse dare ad un tizio coinvolto in una causa, il tempo e la possibilit? di avvicinarlo; allora gli chiese ?quanto gli fruttassero quei ferri? e pretese una parte del guadagno. Poich? suo figlio Tito gli rimproverava di aver avuto l'idea di tassare anche le urine, gli mise sotto il naso la prima somma resa da questa imposta, chiedendogli ?se fosse offeso dal suo odore? e quando Tito gli disse di no, riprese: ?Eppure ? il prodotto dell'urina.? Quando una delegazione gli annunci? che si era deciso di erigergli a spese pubbliche una statua colossale, di prezzo considerevole, ordin? di farlo al pi? presto e mostr? loro il cavo della mano dicendo che ?il basamento era gi? pronto?. Anche il timore della morte e la sua minaccia pressante non gli impedirono di scherzare. Infatti quando, tra gli altri prodigi, il Mausoleo si era aperto improvvisamente e una cometa era apparsa nel cielo, egli dichiar? che il primo presagio riguardava Giunia Calvina, discendente di Augusto, e il secondo il re dei Parti che era ben chiomato. Anche al primo attacco della malattia disse: ?Accidenti! credo che sto diventando un dio.?
 

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