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Ovidio


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autore
brano
 
Tacito
Agricola,33
 
originale
 
[33] Excepere orationem alacres, ut barbaris moris, fremitu cantuque et clamoribus dissonis. Iamque agmina et armorum fulgores audentissimi cuiusque procursu; simul instruebatur acies, cum Agricola quamquam laetum et vix munimentis coercitum militem accendendum adhuc ratus, ita disseruit: 'septimus annus est, commilitones, ex quo virtute et auspiciis imperii Romani, fide atque opera vestra Britanniam vicistis. Tot expeditionibus, tot proeliis, seu fortitudine adversus hostis seu patientia ac labore paene adversus ipsam rerum naturam opus fuit, neque me militum neque vos ducis paenituit. Ergo egressi, ego veterum legatorum, vos priorum exercituum terminos, finem Britanniae non fama nec rumore, sed castris et armis tenemus: inventa Britannia et subacta. Equidem saepe in agmine, cum vos paludes montesve et flumina fatigarent, fortissimi cuiusque voces audiebam: "quando dabitur hostis, quando in manus [veniet]?" Veniunt, e latebris suis extrusi, et vota virtusque in aperto, omniaque prona victoribus atque eadem victis adversa. Nam ut superasse tantum itineris, evasisse silvas, transisse aestuaria pulchrum ac decorum in frontem, ita fugientibus periculosissima quae hodie prosperrima sunt; neque enim nobis aut locorum eadem notitia aut commeatuum eadem abundantia, sed manus et arma et in his omnia. Quod ad me attinet, iam pridem mihi decretum est neque exercitus neque ducis terga tuta esse. Proinde et honesta mors turpi vita potior, et incolumitas ac decus eodem loco sita sunt; nec inglorium fuerit in ipso terrarum ac naturae fine cecidisse.
 
traduzione
 
33. Accolsero le sue parole secondo l'usanza barbarica, frementi, tra canti e grida scomposte. Eccoli gi? in colonna e avanti i pi? audaci di corsa in un bagliore d'armi. Gi? si ordinavano a battaglia, quando Agricola, ritenendo efficace incitare ancor pi? i suoi soldati gi? pieni di entusiasmo e a stento trattenuti entro le difese del campo, parl? loro cos?: ?Miei compagni, sono sette anni da quando voi avete vinto la Britannia col valore e gli auspici dell'impero romano e grazie alla vostra opera leale. In tante spedizioni, in tante battaglie abbiamo dovuto mostrare forza di fronte al nemico e, per cos? dire, resistenza al cospetto della natura stessa; n? io ebbi a dolermi dei soldati n? voi del comandante. Dunque abbiamo superato i confini, io dei vecchi governatori, voi di precedenti eserciti; ora il limite estremo della Britannia non ? conoscenza vaga, ma luogo d'occupazione delle nostre truppe. La Britannia l'abbiamo scoperta e assoggettata. Spesso durante le marce, quando paludi, monti e fiumi vi mettevano a dura prova, io coglievo le voci dei pi? coraggiosi: "A quando il nemico? A quando il corpo a corpo?". Ora vengono, stanati dai loro covi; l'attesa ? compiuta e il campo ? aperto al valore, sapendo che, se vincitori, tutto sar? facile, ma tutto difficile, se vinti. Infatti, come l'aver superato tanto cammino, traversato foreste, varcato estuari, ? bello e glorioso quando si avanza, allo stesso modo, in una fuga, sar? grave pericolo quanto oggi dice del nostro successo: non abbiamo infatti la loro pratica dei luoghi, n? la stessa disponibilit? di rifornimenti, ma solo le nostre braccia e le armi e in esse tutto. Quanto a me, da tempo ho chiaro che n? esercito n? comandante trovano sicurezza a voltare le spalle. Meglio dunque una morte gloriosa a una vita turpe; d'altra parte salvezza e dignit? son cose inseparabili; n? sar? senza gloria essere caduti ai confini ultimi della terra e della natura.?
 

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