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Ovidio


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Tacito
De oratoria,9
 
originale
 
[9] Nam carmina et versus, quibus totam vitam Maternus insumere optat (inde enim omnis fluxit oratio), neque dignitatem ullam auctoribus suis conciliant neque utilitates alunt; voluptatem autem brevem, laudem inanem et infructuosam consequuntur. licet haec ipsa et quae deinceps dicturus sum aures tuae, Materne, respuant, cui bono est, si apud te Agamemnon aut Iason diserte loquitur? Quis ideo domum defensus et tibi obligatus redit? Quis Saleium nostrum, egregium poetam vel, si hoc honorificentius est, praeclarissimum vatem, deducit aut salutat aut prosequitur? Nempe si amicus eius, si propinquus, si denique ipse in aliquod negotium inciderit, ad hunc Secundum recurret aut ad te, Materne, non quia poeta es, neque ut pro eo versus facias; hi enim Basso domi nascuntur, pulchri quidem et iucundi, quorum tamen hic exitus est, ut cum toto anno, per omnes dies, magna noctium parte unum librum excudit et elucubravit, rogare ultro et ambire cogatur, ut sint qui dignentur audire, et ne id quidem gratis; nam et domum mutuatur et auditorium exstruit et subsellia conducit et libellos dispergit. Et ut beatissimus recitationem eius eventus prosequatur, omnis illa laus intra unum aut alterum diem, velut in herba vel flore praecerpta, ad nullam certam et solidam pervenit frugem, nec aut amicitiam inde refert aut clientelam aut mansurum in animo cuiusquam beneficium, sed clamorem vagum et voces inanis et gaudium volucre. laudavimus nuper ut miram et eximiam Vespasiani liberalitatem, quod quingenta sestertia Basso donasset. pulchrum id quidem, indulgentiam principis ingenio mereri: quanto tamen pulchrius, si ita res familiaris exigat, se ipsum colere, suum genium propitiare, suam experiri liberalitatem! adice quod poetis, si modo dignum aliquid elaborare et efficere velint, relinquenda conversatio amicorum et iucunditas urbis, deserenda cetera officia utque ipsi dicunt, in nemora et lucos, id est in solitudinem secedendum est.
 
traduzione
 
9. ?Perch? le poesie e i versi, in cui Materno desidera consumare la sua intera vita - e questo ? il punto di partenza di tutto il discorso - non procurano alcuna posizione di prestigio ai loro autori e non accrescono i vantaggi concreti; il piacere che ne ottengono ? breve e la gloria vuota e senza profitto. ? assai probabile, Materno, che le tue orecchie rifiutino di ascoltare queste parole e quelle che dir? in seguito; ma, se un Agamennone e un Giasone parlano a regola d'arte, chi ne trae vantaggio? Chi, per questo, torna a casa sentendosi difeso con successo e ti ? obbligato? Prendiamo il nostro amico Saleio, poeta egregio o, se l'espressione ? pi? onorevole, vate preclarissimo: ebbene, chi lo riaccompagna a casa, chi va a rendergli omaggio al mattino o lo scorta per strada? Sta pur certo che, se un suo amico o un parente o infine egli stesso si trover? in qualche difficolt?, ricorrer? a Secondo qui presente o a te, Materno, non perch? tu sei poeta, n? perch? tu faccia versi in sua difesa; a Basso, infatti, i versi gli nascono in casa, e sono belli e seducenti, per quanto la conclusione finale ? che, quando per un anno intero, lavorando giorno dopo giorno e per gran parte delle notti, ha foggiato con lunga elucubrazione un unico libro, si vede costretto ad andare attorno e supplicare perch? qualcuno si degni di ascoltarlo leggere. Ci? con l'aggiunta di spese, perch? gli tocca affittare un locale, allestire la sala, noleggiare le sedie e distribuire gli inviti. E anche supposto che la sua lettura riscuota un felicissimo successo, nel giro di uno o due giorni, tutta quella gloria, come una pianta tagliata ancora in erba o quand'? in fiore, non giunge a produrre alcun frutto reale e tangibile; e il poeta non ne ricava n? amicizia, n? clienti, n? gratitudine durevole nell'animo di chi ne ha tratto beneficio, ma acclamazioni fuggevoli, vuoti complimenti e una gioia effimera. Abbiamo lodato poco fa, come meravigliosa e magnifica, la generosit? di Vespasiano, perch? ha donato a Basso cinquecentomila sesterzi. Bella cosa ? certo meritare con l'ingegno la condiscendenza di un principe: ma quanto ? pi? bello, quando le condizioni familiari lo esigano, corteggiare se stessi, propiziare il proprio genio e far prova della propria generosit?. E c'? di pi?. Un poeta, se intende elaborare e produrre qualcosa di degno, deve rinunciare alla frequentazione degli amici e al fascino della citt?, deve abbandonare ogni altro dovere e, come appunto i poeti dicono, ritirarsi nelle selve e nei boschi, cio? in solitudine.?
 

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