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Tacito
De oratoria,26
 
originale
 
[26] Ceterum si omisso optimo illo et perfectissimo genere eloquentiae eligenda sit forma dicendi, malim hercule C. Gracchi impetum aut L. Crassi maturitatem quam calamistros Maecenatis aut tinnitus Gallionis: adeo melius est orationem vel hirta toga induere quam fucatis et meretriciis vestibus insignire. Neque enim oratorius iste, immo hercule ne virilis quidem cultus est, quo plerique temporum nostrorum actores ita utuntur, ut lascivia verborum et levitate sententiarum et licentia compositionis histrionalis modos exprimant. Quodque vix auditu fas esse debeat, laudis et gloriae et ingenii loco plerique iactant cantari saltarique commentarios suos. unde oritur illa foeda et praepostera, sed tamen frequens [sicut his clam et] exclamatio, ut oratores nostri tenere dicere, histriones diserte saltare dicantur. Equidem non negaverim Cassium Severum, quem solum Aper noster nominare ausus est, si iis comparetur, qui postea fuerunt, posse oratorem vocari, quamquam in magna parte librorum suorum plus bilis habeat quam sanguinis. primus enim contempto ordine rerum, omissa modestia ac pudore verborum, ipsis etiam quibus utitur armis incompositus et studio feriendi plerumque deiectus, non pugnat, sed rixatur. Ceterum, ut dixi, sequentibus comparatus et varietate eruditionis et lepore urbanitatis et ipsarum virium robore multum ceteros superat, quorum neminem Aper nominare et velut in aciem educere sustinuit. Ego autem exspectabam, ut incusato Asinio et Caelio et Calvo aliud nobis agmen produceret, plurisque vel certe totidem nominaret, ex quibus alium Ciceroni, alium Caesari, singulis deinde singulos opponeremus. Nunc detrectasse nominatim antiquos oratores contentus neminem sequentium laudare ausus est nisi in publicum et in commune, veritus credo, ne multos offenderet, si paucos excerpsisset. Quotus enim quisque scholasticorum non hac sua persuasione fruitur, ut se ante Ciceronem numeret, sed plane post Gabinianum? At ego non verebor nominare singulos, quo facilius propositis exemplis appareat, quibus gradibus fracta sit et deminuta eloquentia."
 
traduzione
 
26. ?Se, comunque, lasciando da parte quello che ? stato il genere di eloquenza pi? alto e perfetto, dovessi scegliere uno stile oratorio, allora preferirei la veemenza di Gaio Gracco o il maturo equilibrio di Lucio Crasso alle infiorettature di un Mecenate o ai tintinnii di un Gallione: perch? ? senza dubbio meglio avvolgere un discorso perfino in una ruvida toga piuttosto che farlo risaltare con un abito vistoso da cortigiana. In effetti, non sono degni di un oratore, anzi neppure di un vero uomo, quei modi tanto ricercati cui la maggioranza degli avvocati contemporanei ricorre, sicch? con l'affettazione linguistica, la futilit? del pensiero e l'arbitrio compositivo finiscono per riprodurre i modi degli istrioni. E molti di loro - cosa che ci si dovrebbe quasi rifiutare di sentire - si vantano, come fossero titoli di rinomanza, di gloria e documento della propria abilit?, che i testi dei loro discorsi vengano cantati e danzati. Da qui ha origine quella scandalosa e assurda ma tuttavia comune battuta, secondo cui "i nostri attori parlano con seducente provocazione e gli istrioni danzano con eloquenza". Davvero non mi sentirei di negare che Cassio Severo - il solo che il nostro Apro abbia osato nominare - se paragonato a quelli venuti dopo di lui, si possa chiamare davvero oratore, per quanto nella maggior parte dei suoi scritti mostri di avere pi? bile che sangue. In realt?, ? stato il primo che, senza badare a un ordinato sviluppo della materia, rinunciando alla castigata misura del linguaggio, maldestro nell'impiego delle armi che usa e scoprendosi, in genere, nell'ansia di colpire, non si dimostra un combattente, bens? un attaccabrighe. Eppure, paragonato, come ho detto, a chi viene dopo di lui, per variet? di cultura, per finezza di spirito e per la tempra stessa delle sue risorse, supera, e di molto, tutti gli altri, nessuno dei quali Apro ha avuto il coraggio di nominare e di far scendere, per cos? dire, in combattimento. Mi aspettavo per altro che, dopo l'attacco ad Asinio, a Celio, a Calvo, ci facesse scendere in campo un'altra schiera e facesse il nome di pi? oratori o almeno di altrettanti, in modo che potessimo opporne uno a Cicerone, un altro a Cesare, e cos? via un campione contro un altro campione. Ora, invece, pago di aver denigrato, citandoli per nome, gli antichi oratori, non ha osato lodare nessuno dei loro successori, se non in generale e in blocco, per il timore, credo, di offenderne molti, se ne avessi scelto pochi. Quanti di questi retori di professione non si abbandonano alla convinzione di meritare un posto davanti a Cicerone, ma di essere francamente dietro a Gabiniano? Io, invece, non esiter? a nominarli individualmente, perch? risalti meglio, dagli esempi proposti, fino a che punto si sia svigorita e svilita l'eloquenza.?
 

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