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Ovidio


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brano
 
Tacito
Storie I, 62
 
originale
 
[62] Mira inter exercitum imperatoremque diversitas: instare miles, arma poscere, dum Galliae trepident, dum Hispaniae cunctentur: non obstare hiemem neque ignavae pacis moras: invadendam Italiam, occupandam urbem; nihil in discordiis civilibus festinatione tutius, ubi facto magis quam consulto opus esset. torpebat Vitellius et fortunam principatus inerti luxu ac prodigis epulis praesumebat, medio diei temulentus et sagina gravis, cum tamen ardor et vis militum ultro ducis munia implebat, ut si adesset imperator et strenuis vel ignavis spem metumve adderet. instructi intentique signum profectionis exposcunt. nomen Germanici Vitellio statim additum: Caesarem se appellari etiam victor prohibuit. laetum augurium Fabio Valenti exercituique, quem in bellum agebat, ipso profectionis die aquila leni meatu, prout agmen incederet, velut dux viae praevolavit, longumque per spatium is gaudentium militum clamor, ea quies interritae alitis fuit ut haud dubium magnae et prosperae rei omen acciperetur.
 
traduzione
 
62. Stupefacente il contrasto tra l'esercito e l'imperatore. Impazienti, i soldati chiedevano di battersi, mentre ancora nelle Gallie regnava lo smarrimento e le province della Spagna si dibattevano nell'incertezza: non costituiva un ostacolo la stagione invernale, n? ci si poteva far fermare in nome di una pace vile; l'Italia andava invasa, Roma occupata; nelle guerre civili la miglior difesa ? la rapidit? dell'azione, perch? contano i fatti, non le discussioni. Vitellio invece non prendeva iniziative e pregustava la fortuna del principato, abbandonandosi a piaceri e gozzoviglie, ubriaco e ingozzato di cibo a met? del giorno. Ciononostante, l'entusiasmo e il vigore dei soldati supplivano ai doveri del loro capo, come se questi fosse presente a tener viva la fiducia nei valorosi o a infondere paura nei pusillanimi. Ansiosi e in assetto di guerra, son loro a chiedere il segnale della partenza. Aggiungono il nome di Germanico a quello di Vitellio, il quale, anche dopo la vittoria, non volle essere chiamato Cesare. Quale fausto auspicio per Fabio Valente e l'esercito da lui condotto alla guerra, proprio nel giorno della partenza, un'aquila plan? dolcemente davanti all'esercito, avanzando con esso come a indicare il percorso; e per lungo tratto furono tali le grida di gioia dei soldati e la calma intrepida dell'uccello, che se ne trasse sicuro auspicio di successo.
 

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