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Ovidio


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brano
 
Tacito
Storie II, 1
 
originale
 
[1] Struebat iam fortuna in diversa parte terrarum initia causasque imperio, quod varia sorte laetum rei publicae aut atrox, ipsis principibus prosperum vel exitio fuit. Titus Vespasianus, e Iudaea incolumi adhuc Galba missus a patre, causam profectionis officium erga principem et maturam petendis honoribus iuventam ferebat, sed vulgus fingendi avidum disperserat accitum in adoptionem. materia sermonibus senium et orbitas principis et intemperantia civitatis, donec unus eligatur, multos destinandi. augebat famam ipsius Titi ingenium quantaecumque fortunae capax, decor oris cum quadam maiestate, prosperae Vespasiani res, praesaga responsa, et inclinatis ad credendum animis loco ominum etiam fortuita. ubi Corinthi, Achaiae urbe, certos nuntios accepit de interitu Galbae et aderant qui arma Vitellii bellumque adfirmarent, anxius animo paucis amicorum adhibitis cuncta utrimque perlustrat: si pergeret in urbem, nullam officii gratiam in alterius honorem suscepti, ac se Vitellio sive Othoni obsidem fore: sin rediret, offensam haud dubiam victoris, set incerta adhuc victoria et concedente in partis patre filium excusatum. sin Vespasianus rem publicam susciperet, obliviscendum offensarum de bello agitantibus.
 
traduzione
 
1. Gettava intanto la fortuna, nella parte opposta della terra, le basi all'avvento di un potere, destinato a recare, tra vicende di ogni genere, gioia ma anche orrore allo stato e successo o rovina ai suoi pr?ncipi. Tito Vespasiano, inviato dal padre a Roma dalla Giudea, quand'era ancor vivo Galba, spiegava la partenza sia come gesto di devozione verso il principe sia col fatto che si riteneva maturo per la carriera politica; ma s'era fatta strada nel volgo, avido di fantasiose ipotesi, la voce che lo si fosse chiamato in vista di un'adozione. Dava esca alle chiacchiere la vecchiaia senza figli del principe e la disinvolta propensione della gente a indicare molti candidati, finch? non ne venisse scelto uno. Le chiacchiere s'accampavano proprio in forza delle doti di Tito, capace di raggiungere qualsiasi obiettivo per la grazia e la maest? insieme del suo volto, per i successi di Vespasiano, per le profezie degli oracoli e, in animi ormai corrivi alla credulit?, anche per fatti fortuiti, scambiati per presagi. Quando a Corinto, citt? dell'Acaia, ebbe la sicura notizia della morte di Galba e l'assicurazione di alcuni che Vitellio, in armi, voleva la guerra, turbato, esamina con pochi amici l'intera situazione dai due punti di vista: se proseguiva per Roma, nessuno l'avrebbe ringraziato di un viaggio compiuto per attestare devozione a un altro e si sarebbe ritrovato ostaggio nelle mani di Vitellio o di Otone; se tornava indietro, non poteva non offendere il vincitore, ma la vittoria era ancora incerta e la scelta del padre a favore di una parte avrebbe giustificato il figlio. Se poi Vespasiano puntava al potere per s?, non erano le offese a dover preoccupare chi pensava alla guerra.
 

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