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Ovidio


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Tacito
Storie II, 10
 
originale
 
[10] In civitate discordi et ob crebras principum mutationes inter libertatem ac licentiam incerta parvae quoque res magnis motibus agebantur. Vibius Crispus, pecunia potentia ingenio inter claros magis quam inter bonos, Annium Faustum equestris ordinis, qui temporibus Neronis delationes factitaverat, ad cognitionem senatus vocabat; nam recens Galbae principatu censuerant patres, ut accusatorum causae noscerentur. id senatus consultum varie iactatum et, prout potens vel inops reus inciderat, infirmum aut validum, retinebat adhuc [aliquid] terroris. et propria vi Crispus incubuerat delatorem fratris sui pervertere, traxeratque magnam senatus partem, ut indefensum et inauditum dedi ad exitium postularent. contra apud alios nihil aeque reo proderat quam nimia potentia accusatoris: dari tempus, edi crimina, quamvis invisum ac nocentem more tamen audiendum censebant. et valuere primo dilataque in paucos dies cognitio: mox damnatus est Faustus, nequaquam eo adsensu civitatis quem pessimis moribus meruerat: quippe ipsum Crispum easdem accusationes cum praemio exercuisse meminerant, nec poena criminis sed ultor displicebat.
 
traduzione
 
10. In questa citt?, discorde e ormai incapace di distinguere tra libert? e licenza per il frequente mutare dei pr?ncipi, anche le cose da nulla provocavano un gran fermento. Vibio Crispo, annoverato per ricchezza, potenza e ingegno pi? tra le personalit? di spicco che tra i buoni, chiedeva allora che il senato istruisse un processo a carico di Annio Fausto, cavaliere e delatore di professione ai tempi di Nerone: da poco infatti, col principato di Galba, i senatori avevano deliberato di avocare a s? le cause di delazione. Questa delibera senatoria ebbe il destino pi? diverso: impotente o efficace a seconda che si trattasse di un accusato potente o privo di protezioni, conservava comunque una sua temibilit?. Crispo aveva messo in gioco tutta l'influenza personale per distruggere l'accusatore di suo fratello e aveva conquistato gran parte del senato a chiederne la condanna a morte senza interrogatorio e difesa. Per altri senatori, invece, niente giovava all'accusato quanto l'eccessiva potenza dell'accusatore: si dia tempo alla difesa - questo il loro pensiero -, si ascoltino le accuse; l'accusato, per quanto odioso e colpevole, andava comunque sentito, nel rispetto della tradizione. Sul momento, costoro ebbero la meglio e si ottenne un rinvio di pochi giorni; ma Fausto sub? la condanna, senza per? quel consenso collettivo della citt? che la sua vergognosa condotta avrebbe meritato; il fatto ? che molti ricordavano come lo stesso Crispo avesse fatto anche lui il delatore a pagamento, ed erano mal disposti non contro la punizione di una colpa, bens? contro chi si ergeva a vendicatore.
 

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