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brano
 
Tacito
Storie II, 27
 
originale
 
[27] Haud proinde id damnum Vitellianos in metum compulit quam ad modestiam composuit: nec solum apud Caecinam, qui culpam in militem conferebat seditioni magis quam proelio paratum: Fabii quoque Valentis copiae (iam enim Ticinum venerat) posito hostium contemptu et reciperandi decoris cupidine reverentius et aequalius duci parebant. gravis alioquin seditio exarserat, quam altiore initio (neque enim rerum a Caecina gestarum ordinem interrumpi oportuerat) repetam. cohortes Batavorum, quas bello Neronis a quarta decima legione digressas, cum Britanniam peterent, audito Vitellii motu in civitate Lingonum Fabio Valenti adiunctas rettulimus, superbe agebant, ut cuiusque legionis tentoria accessissent, coercitos a se quartadecimanos, ablatam Neroni Italiam atque omnem belli fortunam in ipsorum manu sitam iactantes. contumeliosum id militibus, acerbum duci; corrupta iurgiis aut rixis disciplina; ad postremum Valens e petulantia etiam perfidiam suspectabat.
 
traduzione
 
27. Quel rovescio, pi? che ispirare paura ai Vitelliani, li riport? al senso della disciplina. Ci? avvenne non solo nel campo di Cecina, il quale addossava la colpa della sconfitta ai soldati, pronti, secondo lui, pi? alla rivolta che alla battaglia; anche le truppe di Fabio Valente (che intanto era giunto a Pavia) non sottovalutavano pi? il nemico e, smaniose di ricuperare il prestigio perduto, obbedivano al loro comandante con maggior rispetto e maggiore disponibilit?. Dalla loro parte era infatti scoppiata una grave rivolta, che narrer? ora dal principio, perch? non era il caso di interrompere il racconto delle operazioni di Cecina. Come gi? accennato, le coorti dei Batavi, staccatesi dalla Quattordicesima legione, durante la guerra neroniana, alla notizia dell'insurrezione di Vitellio, avuta presso i Lingoni, mentre si trasferivano verso la loro destinazione in Britannia, si erano messe al seguito di Fabio Valente. Queste coorti appunto avevano assunto un comportamento arrogante. Frequentando gli attendamenti di ciascuna legione, non facevano che vantarsi di aver piegato i soldati della Quattordicesima legione, di aver strappato l'Italia a Nerone e di avere in pugno le sorti della guerra. Un affronto per i soldati e un boccone amaro per il comandante. Ingiurie e risse minavano la disciplina; alla fine Valente sospettava che in quella petulanza si celasse anche il tradimento.
 

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