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Tacito
Storie II, 30
 
originale
 
[30] Munientibus castra apud Ticinum de adversa Caecinae pugna adlatum, et prope renovata seditio tamquam fraude et cunctationibus Valentis proelio defuissent: nolle requiem, non expectare ducem, anteire signa, urgere signiferos; rapido agmine Caecinae iunguntur. improspera Valentis fama apud exercitum Caecinae erat: expositos se tanto pauciores integris hostium viribus querebantur, simul in suam excusationem et adventantium robur per adulationem attollentes, ne ut victi et ignavi despectarentur. et quamquam plus virium, prope duplicatus legionum auxiliorumque numerus erat Valenti, studia tamen militum in Caecinam inclinabant, super benignitatem animi, qua promptior habebatur, etiam vigore aetatis, proceritate corporis et quodam inani favore. hinc aemulatio ducibus: Caecina ut foedum ac maculosum, ille ut tumidum ac vanum inridebant. sed condito odio eandem utilitatem fovere, crebris epistulis sine respectu veniae probra Othoni obiectantes, cum duces partium Othonis quamvis uberrima conviciorum in Vitellium materia abstinerent.
 
traduzione
 
30. Mentre queste truppe si stavano trincerando nei pressi di Pavia, giunge la notizia della disfatta di Cecina e per poco non riesplose la rivolta; come se la loro non partecipazione a quella battaglia fosse imputabile alle esitazioni, sfioranti il tradimento, di Valente: rifiutano il riposo, non aspettano il comandante, precedono le insegne, spingono avanti i vessilliferi e con rapida marcia si ricongiungono a Cecina. Il nome di Valente non era popolare nell'esercito di Cecina: si lamentavano i soldati di essere stati esposti, tanto inferiori di numero, all'intero esercito nemico, e, vantando con una punta di adulazione le forze dei nuovi venuti, giustificavano al contempo se stessi, per non essere sprezzati come vinti o vili. E per quanto, con un numero quasi doppio di legioni e di ausiliari, Valente avesse forze pi? consistenti, le simpatie dei soldati andavano a Cecina: oltre alla signorilit? d'animo, che lo faceva credere pi? disponibile, contava il vigore dell'et?, la sua prestanza fisica e un'indefinibile capacit? di ispirare simpatia. Da qui le rivalit? fra i due comandanti e le reciproche irrisioni: per Cecina, Valente era un verme spregevole, per Valente, l'altro un pallone gonfiato. Tuttavia, contenendo l'odio, si battevano per la stessa causa e rinfacciavano a Otone, con una sequela di lettere, le sue scandalose infamie, senza badare a garantirsene il perdono in futuro, mentre i generali di Otone, pur avendone materia abbondantissima, si astenevano dall'insultare Vitellio.
 

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