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Tacito
Storie II, 44
 
originale
 
[44] Et media acie perrupta fugere passim Othoniani, Bedriacum petentes. immensum id spatium, obstructae strage corporum viae, quo plus caedis fuit; neque enim civilibus bellis capti in praedam vertuntur. Suetonius Paulinus et Licinius Proculus diversis itineribus castra vitavere. Vedium Aquilam tertiae decimae legionis legatum irae militum inconsultus pavor obtulit. multo adhuc die vallum ingressus clamore seditiosorum et fugacium circumstrepitur; non probris, non manibus abstinent; desertorem proditoremque increpant, nullo proprio crimine eius sed more vulgi suum quisque flagitium aliis obiectantes. Titianum et Celsum nox iuvit, dispositis iam excubiis conpressisque militibus, quos Annius Gallus consilio precibus auctoritate flexerat, ne super cladem adversae pugnae suismet ipsi caedibus saevirent: sive finis bello venisset seu resumere arma mallent, unicum victis in consensu levamentum. ceteris fractus animus: praetorianus miles non virtute se sed proditione victum fremebat: ne Vitellianis quidem incruentam fuisse victoriam, pulso equite, rapta legionis aquila; superesse cum ipso Othone militum quod trans Padum fuerit, venire Moesicas legiones, magnam exercitus partem Bedriaci remansisse: hos certe nondum victos et, si ita ferret, honestius in acie perituros. his cogitationibus truces aut pavidi extrema desperatione ad iram saepius quam in formidinem stimulabantur.
 
traduzione
 
44. Quando anche il centro cedette, gli Otoniani fuggirono in disordine verso Bedriaco. Su questa immensa distanza, le strade erano ingombre di mucchi di cadaveri, per cui la carneficina fu maggiore; nelle guerre civili infatti i prigionieri non servono come preda. Svetonio Paolino e Licinio Proculo evitarono l'accampamento per vie traverse. Un terrore inconsulto espose alla rabbia dei soldati Vedio Aquila, il legato della Tredicesima legione. Era ancora alto il sole quando egli, superato il vallo, viene circondato da una folla vociante di sediziosi e di fuggiaschi, che lo fanno oggetto di insulti e di violenze. Lo accusano di essere un disertore e un traditore, non perch? avesse una qualche colpa personale, ma perch? cos? fa il volgo, che scarica sugli altri le proprie infamie. Il buio protesse Tiziano e Celso, quando gi? erano state disposte le sentinelle e repressa la violenza dei soldati, che Annio Gallo aveva convinto, con ragionamenti, con preghiere e con la propria autorevolezza, a non abbandonarsi a massacri interni, dopo la strage della battaglia perduta: o che la guerra adesso sia finita, o che si voglia riprendere le armi, l'unico conforto per i vinti ? la concordia. Il morale degli altri era a terra. Fremevano i pretoriani che non il valore ma il tradimento li aveva vinti; che la vittoria era costata sangue anche ai Vitelliani, e citavano la rotta della cavalleria e la conquista dell'aquila di una legione; che restavano ancora con Otone tutti i soldati rimasti oltre il Po; che erano in arrivo le legioni della Mesia, che gran parte dell'esercito non s'era mossa da Bedriaco: questi certo non si potevano dire vinti, e se cos? doveva essere, era pi? decoroso morire in battaglia. Portati da queste considerazioni a un'aspra rivalsa, o affranti per aver toccato il fondo della disperazione, erano comunque invasi pi? da rabbia che da paura.
 

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