[63] Sed Vitellius adventu fratris et inrepentibus dominationis magistris superbior et atrocior occidi Dolabellam iussit, quem in coloniam Aquinatem sepositum ab Othone rettulimus. Dolabella audita morte Othonis urbem introierat: id ei Plancius Varus praetura functus, ex intimis Dolabellae amicis, apud Flavium Sabinum praefectum urbis obiecit, tamquam rupta custodia ducem se victis partibus ostentasset; addidit temptatam cohortem quae Ostiae ageret; nec ullis tantorum criminum probationibus in paenitentiam versus seram veniam post scelus quaerebat. cunctantem super tanta re Flavium Sabinum Triaria L. Vitellii uxor, ultra feminam ferox, terruit ne periculo principis famam clementiae adfectaret. Sabinus suopte ingenio mitis, ubi formido incessisset, facilis mutatu et in alieno discrimine sibi pavens, ne adlevasse videretur, impulit ruentem.
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63. Vitellio intanto, divenuto, con l'arrivo del fratello e per il subdolo insinuarsi dei maestri di dispotismo, pi? superbo e crudele, volle mandare a morte Dolabella, confinato, come gi? detto, da Otone nella colonia di Aquino. Dolabella, saputo della morte di Otone, era rientrato a Roma: l'ex pretore Plancio Varo, uno degli intimi amici di Dolabella, denunci? la cosa al prefetto della citt?, Flavio Sabino. L'accusa era di aver violato il confino per offrirsi come capo alla parte vinta e di avere inoltre tentato di sollevare la coorte di stanza a Ostia. Ma di un'accusa cos? grave non esistevano prove, sicch? Varo, pentitosi del gesto, chiedeva grazia, ma troppo tardi, per l'amico ignobilmente tradito. Di fronte a una faccenda cos? scottante, Flavio Sabino esitava ad agire, ma la moglie di Lucio Vitellio, Triaria, con durezza e decisione non certo da donna, gli intim? di non cercarsi una fama di clemenza a spese della sicurezza del principe. Sabino, di carattere mite e, sotto la spinta della paura, mutevole e, quando arrischiavano gli altri, timoroso per s?, per non far la figura di avergli teso una mano, diede l'ultima spinta a Dolabella ormai sull'orlo del precipizio.
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