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Ovidio


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brano
 
Tacito
Storie II, 76
 
originale
 
[76] His pavoribus nutantem et alii legati amicique firmabant et Mucianus, post multos secretosque sermones iam et coram ita locutus: 'omnes, qui magnarum rerum consilia suscipiunt, aestimare debent an quod inchoatur rei publicae utile, ipsis gloriosum, promptum effectu aut certe non arduum sit; simul ipse qui suadet considerandus est, adiciatne consilio periculum suum, et, si fortuna coeptis adfuerit, cui summum decus adquiratur. ego te, Vespasiane, ad imperium voco, quam salutare rei publicae, quam tibi magnificum, iuxta deos in tua manu positum est. nec speciem adulantis expaveris: a contumelia quam a laude propius fuerit post Vitellium eligi. non adversus divi Augusti acerrimam mentem nec adversus cautissimam Tiberii senectutem, ne contra Gai quidem aut Claudii vel Neronis fundatam longo imperio domum exurgimus; cessisti etiam Galbae imaginibus: torpere ultra et polluendam perdendamque rem publicam relinquere sopor et ignavia videretur, etiam si tibi quam inhonesta, tam tuta servitus esset. abiit iam et transvectum est tempus quo posses videri non cupisse: confugiendum est ad imperium. an excidit trucidatus Corbulo? splendidior origine quam nos sumus, fateor, sed et Nero nobilitate natalium Vitellium anteibat. satis clarus est apud timentem quisquis timetur. et posse ab exercitu principem fieri sibi ipse Vitellius documento, nullis stipendiis, nulla militari fama, Galbae odio provectus. ne Othonem quidem ducis arte aut exercitus vi, sed praepropera ipsius desperatione victum, iam desiderabilem et magnum principem fecit, cum interim spargit legiones, exarmat cohortis, nova cotidie bello semina ministrat. si quid ardoris ac ferociae miles habuit, popinis et comissationibus et principis imitatione deteritur: tibi e Iudaea et Syria et Aegypto novem legiones integrae, nulla acie exhaustae, non discordia corruptae, sed firmatus usu miles et belli domitor externi: classium alarum cohortium robora et fidissimi reges et tua ante omnis experientia.'
 
traduzione
 
76. Tentennava Vespasiano tra tali timori, ma l'animarono gli altri legati e amici. E Muciano, dopo molti contatti segreti, cos? gli parl? di fronte agli altri: ?Quanti s'apprestano a realizzare progetti grandiosi debbono valutare se quanto intraprendono sia utile allo stato, se glorioso per s? e se di facile esecuzione, o almeno non troppo difficile; e bisogna pesare se chi a ci? lo consiglia mette in gioco anche la sua persona; e infine, qualora arrida il successo, a chi toccher? l'onore supremo. Io, o Vespasiano, chiamo te all'impero: quanto ci? sia salutare allo stato e glorioso per te, dipende, dopo gli d?i, dal tuo comportamento. Non temere in me la maschera dell'adulatore: ? affronto pi? che onore esser scelto dopo Vitellio. Non ci muoviamo contro la mente lungimirante del divo Augusto, n? contro la sospettosa vecchiaia di Tiberio, n? contro la casa imperiale, consolidata da un lungo esercizio del potere, di Caligola o Claudio o Nerone. Ti sei tratto in disparte anche di fronte agli antenati di Galba. Un'ulteriore inerzia e un pi? lungo abbandono dello stato alla profanazione e alla rovina apparirebbero indifferenza e vilt?, anche se per te il servire non fosse altrettanto malsicuro quanto disonorevole. ? ormai tramontato, ? ormai lontano il tempo in cui potevi apparire un aspirante all'impero: oggi ? l'unico possibile rifugio. O non ricordi pi? la tragica fine di Corbulone? La sua nobilt? di nascita ? superiore alla nostra, lo so, ma anche Nerone superava per nobilt? di origine Vitellio. Chi si fa temere, ha abbastanza nobilt? agli occhi di chi teme. Che si possa diventare principe per volere dell'esercito ne ? prova Vitellio, innalzato al potere senza esperienza e prestigio militare, dal solo odio contro Galba. Otone poi, sopraffatto non dal talento di un generale o dalla forza di un esercito, ma dalla propria precipitosa disperazione, deve la sua grandezza di principe e il rimpianto che ha lasciato a quel Vitellio che ora sparpaglia le legioni, disarma le coorti e getta ogni giorno semi di guerra. E se mai spirito guerriero ebbero i suoi soldati, ora lo spengono nelle taverne, in baldorie, sull'esempio del principe. La Giudea, la Siria, l'Egitto ti garantiscono nove legioni integre, non svigorite da battaglia alcuna, non corrotte dalla discordia, anzi, soldati sperimentati dalla pratica e vincitori contro nemici esterni; hai il peso delle flotte, dei tuoi squadroni, delle tue coorti, hai re fidatissimi e la tua esperienza, superiore a quella di tutti.
 

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