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Tacito
Storie II, 87
 
originale
 
[87] Dum haec per provincias a Vespasiano ducibusque partium geruntur, Vitellius contemptior in dies segniorque, ad omnis municipiorum villarumque amoenitates resistens, gravi urbem agmine petebat. sexaginta milia armatorum sequebantur, licentia corrupta; calonum numerus amplior, procacissimis etiam inter servos lixarum ingeniis; tot legatorum amicorumque comitatus inhabilis ad parendum, etiam si summa modestia regeretur. onerabant multitudinem obvii ex urbe senatores equitesque, quidam metu, multi per adulationem, ceteri ac paulatim omnes ne aliis proficiscentibus ipsi remanerent. adgregabantur e plebe flagitiosa per obsequia Vitellio cogniti, scurrae, histriones, aurigae, quibus ille amicitiarum dehonestamentis mire gaudebat. nec coloniae modo aut municipia congestu copiarum, sed ipsi cultores arvaque maturis iam frugibus ut hostile solum vastabantur.
 
traduzione
 
87. Queste erano le iniziative prese nelle province dai generali di Vespasiano. Vitellio intanto, sempre pi? spregevole e inetto, sedotto dai piaceri offerti da citt? e ville, muoveva verso Roma in lenta colonna. Lo seguivano sessantamila armati, guasti dall'indisciplina e, pi? numerosi ancora, gli stallieri e i vivandieri, anche pi? protervi e volgari dei loro colleghi schiavi; infine un corteggio di alti ufficiali e amici, tutta gente incapace di obbedienza, quand'anche sottoposta alla disciplina pi? severa. Ingrossavano la moltitudine senatori e cavalieri mossigli incontro da Roma, alcuni per paura, molti per servilismo, i rimanenti, e poco a poco tutti, per non restare a casa, se gli altri vi andavano. E si aggregava, della bassa plebe, gente nota a Vitellio per ignobili servizi: buffoni, istrioni, aurighi, delle cui degradanti amicizie tanto si compiaceva. E non solo si esaurivano colonie e municipi per il mantenimento dell'esercito, ma, come in territorio nemico, si malmenavano i contadini e si devastavano i campi ormai vicini al raccolto.
 

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