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Ovidio


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Tacito
Storie II, 92
 
originale
 
[92] Praeposuerat praetorianis Publilium Sabinum a praefectura cohortis, Iulium Priscum tum centurionem: Priscus Valentis, Sabinus Caecinae gratia pollebant; inter discordis Vitellio nihil auctoritas. munia imperii Caecina ac Valens obibant, olim anxii odiis, quae bello et castris male dissimulata pravitas amicorum et fecunda gignendis inimicitiis civitas auxerat, dum ambitu comitatu et immensis salutantium agminibus contendunt comparanturque, variis in hunc aut illum Vitellii inclinationibus; nec umquam satis fida potentia, ubi nimia est: simul ipsum Vitellium, subitis offensis aut intempestivis blanditiis mutabilem, contemnebant metuebantque. nec eo segnius invaserant domos hortos opesque imperii, cum flebilis et egens nobilium turba, quos ipsos liberosque patriae Galba reddiderat, nulla principis misericordia iuvarentur. gratum primoribus civitatis etiam plebs adprobavit, quod reversis ab exilio iura libertorum concessisset, quamquam id omni modo servilia ingenia corrumpebant, abditis pecuniis per occultos aut ambitiosos sinus, et quidam in domum Caesaris transgressi atque ipsis dominis potentiores.
 
traduzione
 
92. Aveva messo al comando dei pretoriani Publilio Sabino, promosso dal grado di prefetto di coorte, e Giulio Prisco, allora semplice centurione: Prisco godeva dell'appoggio di Valente, Sabino di Cecina: i quali, bench? in disaccordo, toglievano qualsiasi autorit? a Vitellio. Le responsabilit? del potere se le sobbarcavano Cecina e Valente, divorati da odio inveterato, odio che, mal dissimulato nei giorni della guerra e della vita militare, era esploso in mezzo alla malvagit? degli amici e nella vita di Roma, fertile terreno di inimicizie: qui si confrontavano in una gara di potere, mobilitando cortigiani, un seguito numeroso e l'omaggio di immense code di clienti. Tutto questo tra l'alterno propendere di Vitellio per l'uno o per l'altro: la potenza, se eccessiva, non ? mai sicura. Intanto proprio Vitellio, col suo capriccioso passare da antipatie improvvise a compiacenze stonate, era oggetto del loro disprezzo e della loro paura. Costoro non avevan tardato a mettere le mani su case, giardini e propriet? imperiali, mentre una folla pietosa di nobili in rovina, che Galba aveva fatto rientrare in patria coi figli, non trovavano nel principe nessun aiuto, nessun gesto di compassione. Gradito ai cittadini pi? importanti e approvato anche dalla plebe fu il provvedimento con cui si riconoscevano ai reduci dall'esilio i diritti sui liberti; anche se poi costoro, nature miserabilmente servili, vanificavano con ogni mezzo il decreto, nascondendo il denaro in luoghi riposti o in casa di potenti e alcuni perch?, pi? potenti dei loro padroni, frequentavano ormai la corte di Cesare.
 

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