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Tacito
Storie II, 95
 
originale
 
[95] Quin et natalem Vitellii diem Caecina ac Valens editis tota urbe vicatim gladiatoribus celebravere, ingenti paratu et ante illum diem insolito. laetum foedissimo cuique apud bonos invidiae fuit quod extructis in campo Martio aris inferias Neroni fecisset. caesae publice victimae cremataeque; facem Augustales subdidere, quod sacerdotium, ut Romulus Tatio regi, ita Caesar Tiberius Iuliae genti sacravit. nondum quartus a victoria mensis, et libertus Vitellii Asiaticus Polyclitos Patrobios et vetera odiorum nomina aequabat. nemo in illa aula probitate aut industria certavit: unum ad potentiam iter, prodigis epulis et sumptu ganeaque satiare inexplebilis Vitellii libidines. ipse abunde ratus si praesentibus frueretur, nec in longius consultans, noviens miliens sestertium paucissimis mensibus intervertisse creditur. magna et misera civitas, eodem anno Othonem Vitellium passa, inter Vinios Fabios Icelos Asiaticos varia et pudenda sorte agebat, donec successere Mucianus et Marcellus et magis alii homines quam alii mores.
 
traduzione
 
95. Di pi?: Cecina e Valente festeggiarono il compleanno di Vitellio, organizzando spettacoli gladiatori per tutti i quartieri della citt?, con un apparato grandioso, mai visto prima di allora. Grad? la teppaglia, tra lo scandalo delle persone oneste, vedere Vitellio celebrare sacrifici funebri alla memoria di Nerone su are sistemate nel Campo Marzio. Furono immolate e arse vittime con solenne cerimonia, e il fuoco venne acceso dagli Augustali, collegio sacerdotale consacrato da Cesare Tiberio alla gens Giulia, sull'esempio di Romolo per il re Tazio. Non erano ancora passati quattro mesi dalla vittoria e il liberto di Vitellio Asiatico s'era reso odioso come i Policleti, i Patrobii e altri famigerati personaggi del passato. Non uno che alla sua corte si facesse valere per rettitudine e operosit?; una sola invece la strada della potenza: saziare con dispendiosi banchetti e folli bagordi la voracit? senza fondo di Vitellio. Il quale, convinto che bastasse godere il presente senza pensare al domani, pare abbia dilapidato in pochissimi mesi novecento milioni di sesterzi. Grande e sventurata citt?, che in un solo anno aveva subito Otone e Vitellio, per ridursi, nella ruota del destino, alla vergognosa merc? dei Vinii, dei Fabii, degli Iceli, degli Asiatici; poi seguirono Muciano e Marcello: cambiarono gli uomini, ma identici rimasero i costumi.
 

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