[15] Rettulit deinde ad senatum super collegio haruspicum, ne vetustissima Italiae disciplina per desidiam exolesceret: saepe adversis rei publicae temporibus accitos, quorum monitu redintegratas caerimonias et in posterum rectius habitas; primoresque Etruriae sponte aut patrum Romanorum impulsu retinuisse scientiam et in familias propagasse: quod nunc segnius fieri publica circa bonas artes socordia, et quia externae superstitiones valescant. et laeta quidem in praesens omnia, sed benignitati deum gratiam referendam, ne ritus sacrorum inter ambigua culti per prospera oblitterarentur. factum ex eo senatus consultum, viderent pontifices quae retinenda firmandaque haruspicum.
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15. Claudio rifer? poi in senato sul collegio degli aruspici, onde impedire la scomparsa, per incuria, di un sapere antichissimo in Italia. Spesso - argomentava - nei momenti difficili per lo stato, si sono fatti venire aruspici, grazie alla cui competenza alcuni riti sono stati rinnovati e altri rettificati, per il futuro, nel cerimoniale; le maggiori autorit? etrusche, o per iniziativa propria o perch? indotte dai senatori romani, avevano conservato, tramandandole di famiglia in famiglia, quel sapere: sapere che ora rischiava di perdersi nel disinteresse collettivo per quella nobile professione e per il prevalere di pratiche religiose straniere. Al presente la situazione era s? buona, ma se ne doveva ringraziare la benevolenza degli d?i, evitando di dimenticare, nel tempo della prosperit?, quei riti sacri praticati nei momenti difficili. Segu? un senatoconsulto, per cui si affidava ai pontefici l'esame su quanto, dell'arte degli aruspici, andava mantenuto e consolidato.
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