[25] Q. Volusio P. Scipione consulibus otium foris, foeda domi lascivia, qua Nero itinera urbis et lupanaria et deverticula veste servili in dissimulationem sui compositus pererrabat, comitantibus qui raperent venditioni exposita et obviis vulnera inferrent, adversus ignaros adeo, ut ipse quoque exciperet ictus et ore praeferret. deinde ubi Caesarem esse, qui grassaretur, pernotuit augebanturque iniuriae adversus viros feminasque insignes, et quidam permissa semel licentia sub nomine Neronis inulti propriis cum globis eadem exercebant, in modum captivitatis nox agebatur; Iuliusque Montanus senatorii ordinis, sed qui nondum honorem capessisset, congressus forte per tenebras cum principe, quia vim temptantem acriter reppulerat, deinde adgnitum oraverat, quasi exprobrasset mori adactus est. Nero autem metuentior in posterum milites sibi et plerosque gladiatores circumdedit, qui rixarum initia modica et quasi privata sinerent; si a laesis validius ageretur, arma inferebant. ludicram quoque licentiam et fautores histrionum velut in proelia convertit impunitate et praemiis atque ipse occultus et plerumque coram prospectans, donec discordi populo et gravioris motus terrore non aliud remedium repertum est quam ut histriones Italia pellerentur milesque theatro rursum adsideret.
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25. [56 d.C.]. Nell'anno del consolato di Quinto Volusio e Publio Scipione, vi fu pace nei rapporti con l'estero, ma a Roma dilag? una vergognosa licenza. Nerone, travestito da schiavo, per non farsi riconoscere, si aggirava per le strade della citt?, per i lupanari e le bettole, in compagnia di una banda di persone, che rubava la merce esposta in vendita e feriva i passanti, non riconosciuto al punto da subire anch'egli i colpi e da portarne i segni sul viso. Quando si venne a sapere che era Cesare a commettere le violenze, mentre aumentavano gli oltraggi contro uomini e donne nobili, anche altri, ora che era aperta la strada a tale licenza, con proprie bande, coperti dall'impunit? garantita dal nome di Nerone, compivano gesti analoghi, e a Roma la notte passava come in una citt? conquistata dai nemici. Giulio Montano, appartenente all'ordine senatorio, ma che non aveva ancora assunto la carica, si scontr? casualmente, nel buio, col principe e respinse con decisione l'aggressore, e poi, riconosciutolo, gli aveva chiesto perdono, ma fu, come se l'avesse offeso, costretto a morire. Nerone per?, impensierito dai rischi, si circond?, per il futuro, di soldati e di parecchi gladiatori, che consentissero la possibilit? di brevi risse, come faccende private; ma, se gli assaliti opponevano troppa resistenza, intervenivano con le armi. Attraverso l'immunit? garantita e con premi, i disordini che nascevano agli spettacoli e le risse tra i sostenitori degli istrioni li trasform? in veri e propri scontri, anzi vi assisteva, nascosto o, pi? spesso, facendosi vedere da tutti, finch? ai contrastanti fanatismi del popolo e al timore di incidenti pi? gravi non fu trovato rimedio migliore che cacciare gli istrioni dall'Italia e far tornare i soldati a teatro.
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