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Ovidio


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autore
brano
 
Tacito
Annali XIV, 7
 
originale
 
[7] At Neroni nuntios patrati facinoris opperienti adfertur evasisse ictu levi sauciam et hactenus adito discrimine, [ne] auctor dubitaret[ur]. tum pavore exanimis et iam iamque adfore obtestans vindictae properam, sive servitia armaret vel militem accenderet, sive ad senatum et populum pervaderet, naufragium et vulnus et interfectos amicos obiciendo: quod contra subsidium sibi, nisi quid Burrus et Seneca? [expurgens] quos statim acciverat, incertum an et ante ignaros. igitur longum utriusque silentium, ne inriti dissuaderent, an eo descensum credebant, [ut], nisi praeveniretur Agrippina, pereundum Neroni esset. post Seneca hactenus promptius, [ut] respiceret Burrum ac s[c]iscitaretur, an militi imperanda caedes esset. ille praetorianos toti Caesarum domui obstrictos memoresque Germanici nihil adversus progeniem eius atrox ausuros respondit: perpetraret Anicetus promissa. qui nihil cunctatus poscit summam sceleris. ad eam vocem Nero illo sibi die dari imperium auctoremque tanti muneris libertum profitetur: iret propere duceretque promptissimos ad iussa. ipse audito venisse missu Agrippinae nuntium Agermum, scaenam ultro criminis parat, gladiumque, dum mandata perfert, abicit inter pedes eius, tum quasi deprehenso vincla inici iubet, ut exit[i]um principis molitam matrem et pudore deprehensi sceleris sponte mortem sumpsisse confingeret.
 
traduzione
 
7. Nerone attendeva la notizia dell'avvenuto delitto. Gli annunciarono invece che se l'era cavata con una lieve ferita, ma che la gravit? del rischio corso non lasciava dubbi sul mandante. Morto di paura, lamentava che da un momento all'altro sarebbe corsa alla vendetta: poteva armare gli schiavi o sollevare l'esercito oppure coinvolgere il senato e il popolo, denunciando il naufragio, le ferite e i suoi amici uccisi; e lui che vie d'uscita aveva? A meno che non inventassero qualcosa Burro e Seneca. Che subito aveva mandato a chiamare: e non si sa se fossero gi? in precedenza informati. Stettero a lungo in silenzio, per non pronunciare inutili dissuasioni, perch? pensavano che, a quel punto, se non si preveniva Agrippina, per Nerone era la fine. Poi Seneca fu pi? pronto, perch? guard? Burro in viso e gli chiese se si doveva impartire ai soldati l'ordine di ucciderla. Burro rispose che i pretoriani, devoti a tutta la casa dei Cesari e memori di Germanico, non avrebbero osato nessuna violenza contro una persona del suo sangue: toccava ad Aniceto mantenere gli impegni. Questi non ebbe esitazioni nel rivendicare a s? l'esecuzione finale del delitto. A queste parole Nerone esclama che finalmente in quel giorno gli si dava l'impero; che un dono cos? grande lo doveva a un liberto: andasse subito, portandosi gli uomini pi? decisi a obbedire. Quanto a s?, saputo dell'arrivo di Agermo, il messo di Agrippina, prende l'iniziativa di architettare la messinscena di un delitto e, mentre costui gli recita il messaggio, gli butta fra i piedi una spada e poi d? ordine di arrestarlo, quasi l'avesse colto sul fatto, per far credere che la madre avesse tramato l'assassinio del figlio e che poi, scoperto l'attentato, si fosse, per la vergogna, data la morte.
 

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