[62] Ille interritus poscit testamenti tabulas; ac denegante centurione conversus ad amicos, quando meritis eorum referre gratiam prohoberetur, quod unum iam et tamen pulcherrimum habeat, imaginem vitae suae relinquere testatur, cuius si memores essent, bonarum artium famam tam constantis amicitiae [pretium] laturos. simul lacrimas eorum modo sermone, modo intentior in modum coercentis ad firmitudinem revocat, rogitans ubi praecepta sapientiae, ubi tot per annos meditata ratio adversum imminentia? cui enim ignaram fuisse saevitiam Neronis? neque aliud superesse post matrem fratremque interfectos, quam ut educatoris praeceptorisque necem adiceret.
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62. Senza scomporsi Seneca chiede le tavole del testamento; di fronte al rifiuto del centurione, rivolto agli amici, dichiara che, poich? gli si impediva di dimostrare a essi la propria gratitudine come meritavano, lasciava loro l'unico bene che possedeva, che era anche il pi? bello, l'immagine della propria vita, della quale, se avessero conservato ricordo, avrebbero raggiunto la gloria di una condotta onesta e di un'amicizia incontaminata. Frena intanto le loro lacrime, ora con le parole ora, con maggiore energia, in tono autorevole, richiamandoli alla fermezza e chiedendo dove mai fossero gli insegnamenti della filosofia, dove la consapevolezza della ragione, affinata in tanti anni, contro i mali incombenti. Tutti ben conoscevano infatti la crudelt? di Nerone. Al quale non restava altro, dopo l'uccisione della madre e del fratello, che di ordinare anche l'assassinio del suo educatore e maestro.
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