[19] Forte illis diebus Campaniam petiverat Caesar, et Cumas usque progressus Petronius illic attinebatur; nec tulit ultra timoris aut spei moras. neque tamen praeceps vitam expulit, sed incisas venas, ut libitum, obligatas aperire rursum et adloqui amicos, non per seria aut quibus gloriam constantiae peteret. audiebatque referentis nihil de immortalitate animae et sapientium placitis, sed levia carmina et facilis versus. servorum alios largitione, quosdam verberibus adfecit. iniit epulas, somno indulsit, ut quamquam coacta mors fortuitae similis esset. ne codicillis quidem, quod plerique pereuntium, Neronem aut Tigellinum aut quem alium potentium adulatus est, sed flagitia principis sub nominibus exoletorum feminarumque et novitatem cuiusque stupri perscripsit atque obsignata misit Neroni. fregitque anulum ne mox usui esset ad facienda pericula.
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19. Casualmente, in quei giorni, si era recato Cesare in Campania, e Petronio aveva proseguito fino a Cuma e l? si tratteneva. Non volle protrarre oltre l'attesa, nel timore o nella speranza, per? non corse a liberarsi della vita: si fece aprire le vene, per poi, a capriccio, chiuderle e poi riaprirle ancora, intrattenendosi con gli amici ma non su temi seri, quelli che gli procurassero gloria di fermezza. Non ascoltava discorsi sull'immortalit? dell'anima o massime di filosofi, ma poesie leggere e versi giocosi. Ad alcuni servi distribu? doni, ad altri frustate. Sedette a banchetto, indulse al sonno, perch? la sua morte, bench? imposta, apparisse accidentale. Neppure nel suo ultimo scritto, cosa che invece facevano i pi?, avviandosi alla morte, adul? Nerone o Tigellino o qualche altro potente, ma scrisse dettagliatamente le infamie del principe, coi nomi dei suoi amanti e delle sue amanti e con specificata l'eccentrica novit? di ogni rapporto sessuale, e mand? il testo, con tanto di sigillo, a Nerone. Poi spezz? l'anello del sigillo, perch? non servisse in seguito a danneggiare altre persone.
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