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Progetto
Ovidio - database
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Livio
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Ab urbe condita I, 27
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originale
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[27] Nec diu pax Albana mansit. Inuidia volgi quod tribus militibus fortuna publica commissa fuerit, uanum ingenium dictatoris corrupit, et quoniam recta consilia haud bene euenerant, prauis reconciliare popularium animos coepit. Igitur ut prius in bello pacem, sic in pace bellum quaerens, quia suae civitati animorum plus quam virium cernebat esse, ad bellum palam atque ex edicto gerundum alios concitat populos, suis per speciem societatis proditionem reseruat. Fidenates, colonia Romana, Veientibus sociis consilii adsumptis, pacto transitionis Albanorum ad bellum atque arma incitantur. Cum Fidenae aperte descissent, Tullus Mettio exercituque eius ab Alba accito contra hostes ducit. Vbi Anienem transiit, ad confluentes conlocat castra. Inter eum locum et Fidenas Veientium exercitus Tiberim transierat. Hi et in acie prope flumen tenuere dextrum cornu; in sinistro Fidenates propius montes consistunt. Tullus adversus Veientem hostem derigit suos, Albanos contra legionem Fidenatium conlocat. Albano non plus animi erat quam fidei. Nec manere ergo nec transire aperte ausus sensim ad montes succedit; inde ubi satis subisse sese ratus est, erigit totam aciem, fluctuansque animo ut tereret tempus ordines explicat. Consilium erat qua fortuna rem daret, ea inclinare vires. Miraculo primo esse Romanis qui proximi steterant ut nudari latera sua sociorum digressu senserunt; inde eques citato equo nuntiat regi abire Albanos. Tullus in re trepida duodecim vovit Salios fanaque Pallori ac pavori. Equitem clara increpans voce ut hostes exaudirent, redire in proelium iubet: nihil trepidatione opus esse; suo iussu circumduci Albanum exercitum ut Fidenatium nuda terga invadant; idem imperat ut hastas equites erigerent. Id factum magnae parti peditum Romanorum conspectum abeuntis Albani exercitus intersaepsit; qui viderant, id quod ab rege auditum erat rati, eo acrius pugnant. Terror ad hostes transit; et audiuerant clara voce dictum, et magna pars Fidenatium, ut quibus coloni additi Romani essent, Latine sciebant. Itaque ne subito ex collibus decursu Albanorum intercluderentur ab oppido, terga vertunt. Instat Tullus fusoque Fidenatium cornu in Veientem alieno pavore perculsum ferocior redit. Nec illi tulere impetum, sed ab effusa fuga flumen obiectum ab tergo arcebat. Quo postquam fuga inclinavit, alii arma foede iactantes in aquam caeci ruebant, alii dum cunctantur in ripis inter fugae pugnaeque consilium oppressi. Non alia ante Romana pugna atrocior fuit.
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traduzione
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27 Ma la pace con Alba non dur? a lungo. La gente era scontenta perch? le sorti del paese erano state affidate a tre soli soldati. Questo influenz? l'indole volubile del dittatore. Cos?, visto che la saggezza non aveva avuto troppo successo, per riconquistare la popolarit? perduta, egli adott? il metodo della malvagit?. E come prima in tempo di guerra aveva cercato la pace, cos? adesso in tempo di pace si mise a cercare la guerra. Rendendosi per? conto che la sua gente aveva s? coraggio ma ben poca forza, spinse altri popoli a dichiarare guerra apertamente e con tutti i crismi, e riserv? ai suoi uomini la possibilit? di tradire i Romani mostrando invece di voler essere al loro fianco. Gli abitanti di Fidene, colonia romana, e quelli di Veio (che erano stati messi a parte dei loro piani) vengono spinti a dare il via alle ostilit? con la promessa di poter contare sull'appoggio di Alba durante il conflitto. Quando Fidene si ribell? senza mezzi termini, Tullo convoc? Mezio e le sue truppe da Alba e mosse contro il nemico. Attraversato l'Aniene, si accampa alla confluenza dei due fiumi. Invece l'esercito dei Veienti aveva guadato il Tevere in un punto tra quella zona e Fidene. Lo schieramento per la battaglia era questo: all'ala destra, lungo il fiume, i Veienti, mentre alla sinistra, verso le montagne, i Fidenati. Tullo dirige i suoi contro quelli di Veio e piazza gli Albani a fronteggiare i Fidenati. Il coraggio e la lealt? non erano il punto forte del generale albano. Non osando quindi n? tenere la posizione n? disertare apertamente, prese ad avvicinarsi a poco a poco alla montagna. Quando ritenne di esservisi avvicinato a sufficienza, ancora incerto sul da farsi, fece spiegare le sue forze per guadagnare un po' di tempo. Il suo piano era questo: scendere in campo dalla parte di chi stava avendo la meglio. I Romani che si trovavano pi? vicini, quando si resero conto di avere i fianchi scoperti per la ritirata degli alleati, rimasero annichiliti. Allora un cavaliere part? al galoppo e and? a riferire al re dell ritirata albana in corso. Tullo, nel pieno della crisi, fa voto di creare dodici Salii e di innalzare dei santuari al Pallore e al Panico. Interpellando il cavaliere ad alta voce, in maniera da poter essere sentito dal nemico, gli ingiunge di tornare in prima linea. Non c'era motivo di panico. Lui stesso aveva ordinato alle truppe di Alba quella manovra di accerchiamento per prendere da dietro i fianchi scoperti dei Fidenati. Fa inoltre ordinare alla cavalleria di alzare le lance. Con questa mossa riusc? a nascondere a parte della fanteria romana la manovra di ripiegamento delle truppe albane. Chi se n'era reso conto si fid? di quel che aveva sentito dal re e si butt? con pi? foga nella mischia. Il terrore pass? cos? dalla parte dei nemici, sia perch? avevano sentito la frase pronunciata ad alta voce dal re, sia perch? gran parte dei Fidenati, avendo avuto tra di loro dei Romani come coloni, sapevano il latino. Quindi, per evitare che un'improvvisa calata degli Albani dal fianco del monte chiudesse loro la strada in direzione della citt?, tornarono indietro. Tullo li insegue e, sbaragliata l'ala dei Fidenati, rinviene con pi? impeto su quella dei Veienti, demoralizzati dal panico degli alleati. Anch'essi evitarono lo scontro ma non riuscirono a fuggire alla spicciolata perch? si trovarono l'ostacolo del fiume alle spalle. Quando arrivarono l?, alcuni, gettando ignominiosamente le armi, si buttavano in acqua alla cieca, altri, attardatisi sulla riva, nell'indecisione tra il fuggire e il combattere, si facevano uccidere. In nessuna battaglia precedente i Romani versarono cos? tanto sangue.
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