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autore
brano
 
Livio
Ab urbe condita I, 40
 
originale
 
[40] Duodequadragesimo ferme anno ex quo regnare coeperat Tarquinius, non apud regem modo sed apud patres plebemque longe maximo honore Ser. Tullius erat. Tum Anci filii duo etsi antea semper pro indignissimo habuerant se patrio regno tutoris fraude pulsos, regnare Romae advenam non modo vicinae sed ne Italicae quidem stirpis, tum impensius iis indignitas crescere si ne ab Tarquinio quidem ad se rediret regnum, sed praeceps inde porro ad seruitia caderet, ut in eadem civitate post centesimum fere annum quam Romulus deo prognatus deus ipse tenuerit regnum donec in terris fuerit, id seruus serva natus possideat. cum commune Romani nominis tum praecipue id domus suae dedecus fore, si Anci regis virili stirpe salua non modo advenis sed seruis etiam regnum Romae pateret. Ferro igitur eam arcere contumeliam statuunt; sed et iniuriae dolor in Tarquinium ipsum magis quam in Seruium eos stimulabat, et quia gravior ultor caedis, si superesset, rex futurus erat quam priuatus; tum Seruio occiso, quemcumque alium generum delegisset, eundem regni heredem facturus videbatur; ob haec ipsi regi insidiae parantur. Ex pastoribus duo ferocissimi delecti ad facinus, quibus consueti erant uterque agrestibus ferramentis, in uestibulo regiae quam potuere tumultuosissime specie rixae in se omnes apparitores regios convertunt; inde, cum ambo regem appellarent clamorque eorum penitus in regiam pervenisset, vocati ad regem pergunt. Primo uterque vociferari et certatim alter alteri obstrepere; coerciti ab lictore et iussi in vicem dicere tandem obloqui desistunt; unus rem ex composito orditur. Cum intentus in eum se rex totus averteret, alter elatam securim in caput deiecit, relictoque in volnere telo ambo se foras eiciunt.
 
traduzione
 
40 Dopo quasi trentotto anni dall'inizio del regno di Tarquinio, Servio Tullio aveva conquistato la stima totale non solo del re ma anche dei senatori e del popolo. I due figli di Anco avevano sempre considerato il colmo dell'infamia il tiro mancino con cui il loro tutore li aveva privati del regno paterno e il fatto che a Roma regnasse uno straniero le cui origini non erano nemmeno italiche. In quel tempo erano pi? indignati ancora dalla prospettiva che nemmeno dopo Tarquinio il regno sarebbe toccato a loro, ma, subendo un ulteriore degrado, sarebbe finito in mano a un ex-servo. E in quella stessa Roma, dove quasi cent'anni prima Romolo, figlio di un dio e dio lui stesso, aveva regnato durante la sua permanenza in terra, ora sarebbe salito al trono un servo figlio di una serva. Sarebbe stata un'onta tremenda per tutti i Romani in generale e per il loro casato in particolare se, nonostante l'esistenza di discendenti maschi del re Anco, non solo degli stranieri, ma addirittura degli schiavi potessero arrivare a regnare su Roma. Decidono pertanto di evitare con le armi un simile affronto. Il risentimento per i torti subiti li spingeva pi? contro Tarquinio che contro Servio: in primo luogo perch? se avessero risparmiato il re la sua vendetta sarebbe stata pi? implacabile di quella di un suo subalterno, e in secondo luogo, uccidendo Servio, Tarquinio era probabile lo avrebbe rimpiazzato con un genero qualunque destinato a ereditare il trono al suo posto. Per tutti questi motivi il complotto viene ordito ai danni del re. Come esecutori diretti vennero scelti due pastori senza scrupoli che, armati degli attrezzi di lavoro di tutti i giorni, organizzarono una finta rissa nel vestibolo della reggia e, facendo il maggior rumore possibile, cercarono di attirare i domestici del re. Poi, dato che entrambi volevano appellarsi al sovrano e il frastuono del loro litigio era arrivato fin dentro la reggia, Tarquinio li fece convocare. Sulle prime si misero a urlare cercando di prevaricare l'uno la voce dell'altro e la smetterono soltanto dopo l'intervento di un littore che ordin? loro di esporre a turno le rispettive ragioni. Allora uno di essi comincia a mettere insieme quanto precedentemente convenuto. Mentre il re lo stava ascoltando con grande attenzione, l'altro solleva la scure e lo colpisce alla testa. Quindi, lasciata l'arma nella ferita, i due si precipitano di corsa fuori dalle porte.
 

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