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autore
brano
 
Livio
Ab urbe condita I, 48
 
originale
 
[48] Huic orationi Seruius cum intervenisset trepido nuntio excitatus, extemplo a uestibulo curiae magna voce "Quid hoc" inquit, "Tarquini, rei est? qua tu audacia me uiuo vocare ausus es patres aut in sede considere mea?" Cum ille ferociter ad haec?se patris sui tenere sedem; multo quam seruum potiorem filium regis regni heredem; satis illum diu per licentiam eludentem insultasse dominis?, clamor ab utriusque fautoribus oritur et concursus populi fiebat in curiam, apparebatque regnaturum qui vicisset. Tum Tarquinius necessitate iam et ipsa cogente ultima audere, multo et aetate et viribus ualidior, medium arripit Seruium elatumque e curia in inferiorem partem per gradus deiecit; inde ad cogendum senatum in curiam rediit. Fit fuga regis apparitorum atque comitum; ipse prope exsanguis cum sine regio comitatu domum se reciperet ab iis qui missi ab Tarquinio fugientem consecuti erant interficitur. Creditur, quia non abhorret a cetero scelere, admonitu Tulliae id factum. Carpento certe, id quod satis constat, in forum inuecta nec reuerita coetum virorum euocavit virum e curia regemque prima appellavit. A quo facessere iussa ex tanto tumultu cum se domum reciperet pervenissetque ad summum Cyprium vicum, ubi Dianium nuper fuit, flectenti carpentum dextra in Vrbium cliuum ut in collem Esquiliarum eueheretur, restitit pavidus atque inhibuit frenos is qui iumenta agebat iacentemque dominae Seruium trucidatum ostendit. Foedum inhumanumque inde traditur scelus monumentoque locus est?Sceleratum vicum vocant?quo amens, agitantibus furiis sororis ac viri, Tullia per patris corpus carpentum egisse fertur, partemque sanguinis ac caedis paternae cruento vehiculo, contaminata ipsa respersaque, tulisse ad penates suos virique sui, quibus iratis malo regni principio similes propediem exitus sequerentur. Ser. Tullius regnavit annos quattuor et quadraginta ita ut bono etiam moderatoque succedenti regi difficilis aemulatio esset; ceterum id quoque ad gloriam accessit quod cum illo simul iusta ac legitima regna occiderunt. Id ipsum tam mite ac tam moderatum imperium tamen quia unius esset deponere eum in animo habuisse quidam auctores sunt, ni scelus intestinum liberandae patriae consilia agitanti intervenisset.
 
traduzione
 
48 Servio, svegliato di soprassalto da un messaggero, arriv? nel bel mezzo di questa tirata e, dall'ingresso della curia, grid? fortissimo: ?Che razza di storia ? questa, Tarquinio? Avere il coraggio, con me vivo, di convocare i senatori e di sederti sul mio trono?? La risposta di Tarquinio fu estremamente insolente. Disse che stava occupando il trono di suo padre, trono che era di gran lunga preferibile finisse in mano all'erede legittimo (cio? lui in persona) piuttosto che a uno schiavo e che Servio aveva gi? insultato e preso in giro abbastanza i suoi padroni. Seguirono urla di consenso e di approvazione. Intanto la gente stava affluendo in massa sul posto ed era chiaro che il potere sarebbe andato al vincitore di quel giorno. Allora Tarquinio, costretto dalla situazione a giocarsi il tutto per tutto, favorito dall'et? e dalla maggiore vigoria fisica, afferr? Servio all'altezza della vita, lo sollev? da terra e, trascinandolo fuori, lo scaravent? gi? dalle scale. Quindi rientr? nella curia per evitare che i senatori si sparpagliassero. La scorta e il s?guito del re se la diedero a gambe. Quanto poi al re stesso, mentre quasi in fin di vita stava rientrando a palazzo senza il suo s?guito abituale, fu raggiunto e assassinato dai sicari di Tarquinio, i quali lo avevano pedinato. Sembra (e non stride poi troppo coi suoi precedenti delinquenziali) che la cosa porti la firma di Tullia. Su questo, invece, non ci sono dubbi: ella, arrivata in senato col suo cocchio, per niente intimorita dalla gran massa di persone, chiam? fuori dalla curia il marito e fu la prima a conferirgli il titolo di re. Tarquinio la preg? di allontanarsi da quel trambusto pericoloso. Allora Tullia, quando sulla via di casa arriv? in cima alla via Cipria (dove non molto tempo fa c'era il santuario di Diana), ordin? di piegare verso il Clivo Urbio e di portarla all'Esquilino. In quel momento il cocchiere blocc? la vettura con un colpo secco di redini e, pallido come uno straccio, indic? alla padrona il cadavere di Servio abbandonato per terra. Tradizione vuole che in quel luogo fu consumato un atto orrendo e disumano di cui la strada serba memoria nel nome (si chiama infatti via del Crimine): pare che Tullia, invasata dalle Furie vendicatrici della sorella e del marito, calpest? col cocchio il corpo del padre. Quindi, piena di schizzi lei stessa, ripart? sulla vettura che grondava sangue dopo quell'orrore commesso sul cadavere del padre, e si diresse a casa dove i penati suoi e del marito, adirati per il tragico esordio del regno, fecero s? che esso avesse una conclusione analoga. Servio Tullio regn? quarantaquattro anni e anche per un successore buono e moderato sarebbe stato arduo emularne la rettitudine. E poi, ad accrescere ulteriormente i suoi meriti, c'era anche questo motivo: con lui tramontava la figura del monarca giusto e legittimo. Inoltre, per quanto moderato e mite il suo regno potesse essere stato, era pur sempre il governo di un singolo. Per questo alcuni autori affermano che egli avrebbe avuto intenzione di rinunciarvi, se la delinquenza di un parente non si fosse sovrapposta al progetto di concedere la libert? al suo popolo.
 

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