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autore
brano
 
Livio
Ab urbe condita II, 11
 
originale
 
[11] Porsinna primo conatu repulsus, consiliis ab oppugnanda urbe ad obsidendam uersis, praesidio in Ianiculo locato, ipse in plano ripisque Tiberis castra posuit, nauibus undique accitis et ad custodiam ne quid Romam frumenti subuehi sineret, et ut praedatum milites trans flumen per occasiones aliis atque aliis locis traiceret; breuique adeo infestum omnem Romanum agrum reddidit ut non cetera solum ex agris sed pecus quoque omne in urbem compelleretur, neque quisquam extra portas propellere auderet. Hoc tantum licentiae Etruscis non metu magis quam consilio concessum. Namque Valerius consul intentus in occasionem multos simul et effusos improuiso adoriundi, in paruis rebus neglegens ultor, grauem se ad maiora uindicem seruabat. Itaque ut eliceret praedatores, edicit suis postero die frequentes porta Esquilina, quae auersissima ab hoste erat, expellerent pecus, scituros id hostes ratus, quod in obsidione et fame seruitia infida transfugerent. Et sciere perfugae indicio; multoque plures, ut in spem uniuersae praedae, flumen traiciunt. P. Valerius inde T. Herminium cum modicis copiis ad secundum lapidem Gabina uia occultum considere iubet, Sp. Larcium cum expedita iuuentute ad portam Collinam stare donec hostis praetereat; inde se obicere ne sit ad flumen reditus. Consulum alter T. Lucretius porta Naeuia cum aliquot manipulis militum egressus; ipse Valerius Caelio monte cohortes delectas educit, hique primi apparuere hosti. Herminius ubi tumultum sensit, concurrit ex insidiis, uersisque in Lucretium Etruscis terga caedit; dextra laeuaque, hinc a porta Collina, illinc ab Naeuia, redditus clamor; ita caesi in medio praedatores, neque ad pugnam uiribus pares et ad fugam saeptis omnibus uiis. Finisque ille tam effuse euagandi Etruscis fuit.
 
traduzione
 
11 Porsenna, respinto al primo attacco, modific? la sua strategia, passando dall'idea dell'assalto a quella dell'assedio. Piazz? una guarnigione armata sul Gianicolo e si accamp? in pianura lungo le rive del Tevere. Quindi, mettendo insieme una flottiglia con le imbarcazioni reperibili nei dintorni, la impieg? per un blocco alle importazioni di grano a Roma e per permettere ai suoi uomini di compiere di tanto in tanto delle razzie, in questo o quel punto, dall'altra parte del fiume. In un breve lasso di tempo rese ogni zona della campagna romana cos? insicura che i contadini dovettero ricoverare all'interno delle mura non solo tutto ci? che avevano nei campi, ma anche il bestiame che nessuno pi? osava portare al pascolo fuori citt?. Tutta questa libert? concessa agli Etruschi non era tanto il risultato della paura quanto di un preciso disegno. Infatti il console Valerio, in attesa dell'occasione propizia per assalire di sorpresa un numero consistente di nemici quando questi fossero stati sparpagliati, lasciava correre le aggressioni di poco conto e si riservava una vendetta in grande per circostanze ben pi? significative. Cos?, per attirare i razziatori, con un bando fece ordinare ai suoi di uscire in massa con le greggi, il giorno successivo, dalla porta Esquilina (la pi? distante dalle posizioni nemiche), persuaso che gli Etruschi l'avrebbero s?bito saputo perch? l'assedio e la carestia spingevano gli schiavi infedeli alla diserzione. E infatti fu da un disertore che lo vennero a sapere e cos? guadarono il Tevere in molti pi? del solito, sperando in un ricco bottino. Publio Valerio ordina allora a Tito Erminio di appostarsi con un modesto contingente sulla via Gabinia a due miglia da Roma; a Spurio Larcio, invece, di andare alla porta Collina con un corpo di giovani fanti armati alla leggera e di attendere il passaggio dei nemici per poi tagliare loro la via della ritirata facendo da diaframma tra essi e il fiume. Dei due consoli, Tito Lucrezio usc? dalla porta Nevia con alcuni manipoli, mentre Valerio guid? personalmente sul monte Celio delle truppe scelte che per prime sarebbero state viste dal nemico. Appena Erminio cap? che lo scontro era iniziato, usc? dal suo nascondiglio e piomb? sulle retrovie degli Etruschi che invece erano rivolti nella direzione di Lucrezio. A sinistra, dalla porta Collina, e a destra, da quella Nevia, gli rispose un coro di voci: i predatori furono circondati e fatti a pezzi, inferiori com'erano di numero ai Romani e oltretutto tagliati fuori da ogni possibile ritirata. Questo episodiosegn? la fine delle scorribande etrusche.
 

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