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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Livio
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Ab urbe condita II, 35
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originale
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[35] Et senatui nimis atrox uisa sententia est et plebem ira prope armauit. Fame se iam sicut hostes peti, cibo uictuque fraudari; peregrinum frumentum, quae sola alimenta ex insperato fortuna dederit, ab ore rapi nisi Cn. Marcio uincti dedantur tribuni, nisi de tergo plebis Romanae satisfiat; eum sibi carnificem nouum exortum, qui aut mori aut seruire iubeat. In exeuntem e curia impetus factus esset, ni peropportune tribuni diem dixissent. Ibi ira est suppressa; se iudicem quisque, se dominum uitae necisque inimici factum uidebat. Contemptim primo Marcius audiebat minas tribunicias: auxilii, non poenae ius datum illi potestati, plebisque, non patrum tribunos esse. Sed adeo infensa erat coorta plebs ut unius poena defungendum esset patribus. Restiterunt tamen aduersa inuidia, usique sunt qua suis quisque, qua totius ordinis uiribus. Ac primo temptata res est si dispositis clientibus absterrendo singulos a coitionibus conciliisque disicere rem possent. Vniversi deinde processere ?quidquid erat patrum, reos diceres?precibus plebem exposcentes, unum sibi ciuem, unum senatorem, si innocentem absoluere nollent, pro nocente donarent. Ipse cum die dicta non adesset, perseueratum in ira est. Damnatus absens in Volscos exsulatum abiit, minitans patriae hostilesque iam tum spiritus gerens. Venientem Volsci benigne excepere, benigniusque in dies colebant, quo maior ira in suos eminebat crebraeque nunc querellae, nunc minae percipiebantur. Hospitio utebatur Atti Tulli. Longe is tum princeps Volsci nominis erat Romanisque semper infestus. Ita cum alterum uetus odium, alterum ira recens stimularet, consilia conferunt de Romano bello. Haud facile credebant plebem suam impelli posse, ut totiens infeliciter temptata arma caperent: multis saepe bellis, pestilentia postremo amissa iuuentute fractos spiritus esse; arte agendum in exoleto iam uetustate odio, ut recenti aliqua ira exacerbarentur animi.
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traduzione
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35 Il discorso sembr? eccessivamente duro anche al senato. Nei plebei suscit? una reazione cos? violenta da farli quasi ricorrere alle armi. Sostenevano che li si stava prendendo per fame come fossero nemici, e che li si stava privando dei generi di prima necessit? per la sopravvivenza: avrebbero tolto loro di bocca anche quel frumento di importazione, il solo alimento che un inatteso colpo di fortuna aveva regalato, se i tribuni non si fossero consegnati in catene a Gneo Marzio e se non gli si fosse data la possibilit? di rifarsi sulla pelle della plebe. Ai loro occhi era lui il nuovo boia saltato fuori a costringerli a una scelta obbligata tra la morte e la schiavit?. E gli sarebbero saltati addosso fuori dell'ingresso della curia, se i tribuni, quanto mai tempestivamente, non lo avessero citato in giudizio. Il provvedimento sed? la rabbia: ciascuno si vedeva gi? giudice del nemico e padrone di scegliere per lui tra la vita e la morte. All'inizio Marzio stette ad ascoltare con aria sprezzante le minacce dei tribuni, sostenendo che essi erano dei magistrati di supporto e non avevano alcuna autorit? penale, cio? appunto si trattava di tribuni della plebe e non di senatori. Ma la plebe aveva il dente cos? avvelenato che i senatori dovettero sacrificare un loro membro per placarne l'ira. Ci? nonostante tennero testa all'odio degli avversari facendo ricorso alle capacit? dei singoli e alle risorse dell'intero ordine. La prima mossa fu questa: mandarono in giro dei loro clienti col compito di prendere da parte i singoli e di dissuaderli dal partecipare alle riunioni e agli assembramenti, nella speranza che potessero mandarne all'aria i piani. Poi l'intero ordine senatoriale si present? in pubblico (tutti senza eccezioni, come se avessero dovuto rispondere di qualche reato) supplicando la plebe di restituirgli un solo cittadino, un senatore: se poi non lo volevano assolvere, almeno gli facessero la grazia di rimandarlo indietro come colpevole. Visto che per? alla data stabilita Marzio non ricomparve, la rabbia divenne incontenibile. Condannato in contumacia, and? in esilio presso i Volsci lanciando minacce al suo paese, verso il quale gi? da allora era ostile.
I Volsci lo accolsero amichevolmente e la loro buona disposizione nei suoi confronti cresceva di giorno in giorno in proporzione al progressivo aumento della rabbia di Marzio verso la sua terra d'origine, alla quale riservava ora nostalgici lamenti ora minacce. Era ospite di Azio Tullio, all'epoca una delle personalit? eminenti del popolo volsco e un anti-romano di antica data. Cos?, spinti uno dall'odio di sempre e l'altro dal recente risentimento, studiano insieme una guerra contro Roma. Sapevano che sarebbe stato difficile convincere la loro gente a riprendere le armi per combattere un avversario che gi? le aveva procurato tanti dispiaceri. Prima la serie di guerre e poi la pestilenza ne avevano fiaccato gli entusiasmi portandosi via il meglio della giovent?. L'odio risaliva ormai al passato: bisognava ingegnarsi per trovare qualche nuovo motivo di risentimento che ravvivasse gli antichi furori.
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