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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Livio
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Ab urbe condita II, 37
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originale
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[37] Ludi quam amplissimi ut fierent senatus decreuit. Ad eos ludos auctore Attio Tullio uis magna Volscorum uenit. Priusquam committerentur ludi, Tullius, ut domi compositum cum Marcio fuerat, ad consules uenit; dicit esse quae secreto agere de re publica uelit. Arbitris remotis, "inuitus" inquit, "quod sequius sit, de meis ciuibus loquor. Non tamen admissum quicquam ab iis criminatum uenio, sed cautum ne admittant. Nimio plus quam uelim, nostrorum ingenia sunt mobilia. Multis id cladibus sensimus, quippe qui non nostro merito sed uestra patientia incolumes simus. Magna hic nunc Volscorum multitudo est; ludi sunt; spectaculo intenta ciuitas erit. Memini quid per eandem occasionem ab Sabinorum iuuentute in hac urbe commissum sit; horret animus, ne quid inconsulte ac temere fiat. Haec nostra uestraque causa prius dicenda uobis, consules, ratus sum. Quod ad me attinet, extemplo hinc domum abire in animo est, ne cuius facti dictiue contagione praesens uioler." Haec locutus abiit. Consules cum ad patres rem dubiam sub auctore certo detulissent, auctor magis, ut fit, quam res ad praecauendum uel ex superuacuo mouit, factoque senatus consulto ut urbe excederent Volsci, praecones dimittuntur qui omnes eos proficisci ante noctem iuberent. Ingens pauor primo discurrentes ad suas res tollendas in hospitia perculit; proficiscentibus deinde indignatio oborta, se ut consceleratos contaminatosque ab ludis, festis diebus, coetu quodam modo hominum deorumque abactos esse.
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traduzione
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37 Il senato decret? che venissero celebrati dei giochi con la maggior sontuosit? possibile. Su suggerimento di Azio Tullio, vi prese parte una nutrita delegazione di Volsci. Prima dell'inizio della manifestazione, Tullio, seguendo il piano concertato con Marcio a casa sua, si present? ai consoli e disse di voler discutere segretamente di una questione di pubblico interesse. Una volta allontanati gli estranei, disse: ?Mi rincresce dover dire dei miei concittadini cose che non li mettono in buona luce. Tuttavia non sono venuto a denunciarli per aver commesso qualche reato, ma per evitare che lo commettano. Il carattere volubile del nostro popolo ? superiore anche ai miei desideri. Prova ne sia il numero delle nostre disfatte militari: se esistiamo ancora non ? merito nostro ma della vostra tolleranza. Attualmente ci sono parecchi Volsci a Roma; ci sono i giochi; i cittadini saranno concentratissimi sullo spettacolo. Ricordo benissimo la bravata dei giovani sabini, sempre qui a Roma e in concomitanza di un'analoga occasione. Ci? che mi spaventa ? la possibilit? di qualche gesto imprevedibile e sconsiderato. Per questo, nel nostro comune interesse, ho ritenuto opportuno, o consoli, mettervi sul chi vive riguardo a questa eventualit?. Quanto a me, ho intenzione di tornarmene subito a casa: non voglio, restando qui, farmi complice di quel che si fa o si dice.? Detto questo, se ne and?. I consoli riferirono al senato l'incerta informazione (proveniente per? da fonte certissima) e, come sempre succede in casi del genere, fu pi? l'autorit? della fonte che la notizia stessa a spingerli a prendere misure precauzionali superiori alle reali necessit?. Un decreto del senato ingiunse ai Volsci di abbandonare Roma. Tramite degli araldi venne loro ordinato di partire prima del calare della notte. La reazione immediata fu il panico: si misero a correre all'impazzata per andarsi a riprendere la loro roba nelle pensioni dov'erano alloggiati. Poi, mentre erano gi? per strada, subentr? l'indignazione: li avevano trattati alla stregua di criminali e scellerati, cacciandoli dai giochi in quei giorni di festa e, in qualche modo, anche dal consesso degli d?i e degli uomini.
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