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Progetto
Ovidio - database
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Livio
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Ab urbe condita II, 39
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originale
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[39] Imperatores ad id bellum de omnium populorum sententia lecti Attius Tullius et Cn. Marcius, exsul Romanus, in quo aliquanto plus spei repositum. Quam spem nequaquam fefellit, ut facile appareret ducibus ualidiorem quam exercitu rem Romanam esse. Circeios profectus primum colonos inde Romanos expulit liberamque eam urbem Volscis tradidit; Satricum, Longulam, Poluscam, Coriolos, nouella haec Romanis oppida ademit; inde Lauinium recepit; inde in Latinam uiam transuersis tramitibus transgressus, tunc deinceps Corbionem, Veteliam, Trebium, Labicos, Pedum cepit. Postremum ad urbem a Pedo ducit, et ad fossas Cluilias quinque ab urbe milia passuum castris positis, populatur inde agrum Romanum, custodibus inter populatores missis qui patriciorum agros intactos seruarent, siue infensus plebi magis, siue ut discordia inde inter patres plebemque oreretur. Quae profecto orta esset?adeo tribuni iam ferocem per se plebem criminando in primores ciuitatis instigabant?; sed externus timor, maximum concordiae uinculum, quamuis suspectos infensosque inter se iungebat animos. Id modo non conueniebat quod senatus consulesque nusquam alibi spem quam in armis ponebant, plebes omnia quam bellum malebat. Sp. Nautius iam et Sex. Furius consules erant. Eos recensentes legiones, praesidia per muros aliaque in quibus stationes uigiliasque esse placuerat loca distribuentes, multitudo ingens pacem poscentium primum seditioso clamore conterruit, deinde uocare senatum, referre de legatis ad Cn. Marcium mittendis coegit. Acceperunt relationem patres, postquam apparuit labare plebis animos; missique de pace ad Marcium oratores atrox responsum rettulerunt: si Volscis ager redderetur, posse agi de pace: si praeda belli per otium frui uelint, memorem se et ciuium iniuriae et hospitum beneficii adnisurum, ut appareat exsilio sibi inritatos, non fractos animos esse. Iterum deinde iidem missi non recipiuntur in castra. Sacerdotes quoque suis insignibus uelatos isse supplices ad castra hostium traditum est; nihilo magis quam legatos flexisse animum.
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traduzione
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39 All'unanimit? tutti i popoli scelsero quali comandanti in capo per quella guerra Azio Tullio e Gneo Marzio, l'esule romano, nel quale riponevano ancora maggiori speranze. Ed egli non le deluse, dimostrando chiaramente che il punto di forza di Roma non erano tanto le sue truppe quanto i suoi generali. Il primo bersaglio fu Circei: ne cacci? i coloni romani e restitu? la citt?, ora libera, ai Volsci. Quindi conquist? Satrico, Longula, Polusca, Corioli, Mugilla, tutte citt? recentemente sottomesse dai Romani. Poi riprese Lavinio e di l?, raggiungendo la via Latina tramite delle scorciatoie, cattur? una dopo l'altra Corbione, Vetelia, Trebio, Labico, Pedo. Infine da Pedo marci? su Roma e si accamp? presso le fosse Cluilie, a cinque miglia dalla citt?. Facendo base in questo punto, devast? l'agro romano nei dintorni, preoccupandosi di inviare coi guastatori anche degli uomini incaricati di salvaguardare le propriet? terriere dei patrizi. Due le ragioni di questa mossa: dimostrare che la sua rabbia era maggiormente diretta contro la plebe, e fare in modo di creare un nuovo urto tra le due classi. E cos? sarebbe stato: infatti i tribuni, con le loro invettive, stavano facendo di tutto per istigare la plebe, gi? di per s? infuriata, contro i patrizi. Solo la paura del nemico, massimo vincolo di concordia nonostante la diffidenza reciproca, riusciva a tenere uniti gli animi di tutti. Su una questione non erano d'accordo: il senato e i consoli non vedevano altre speranze che nelle armi, mentre la plebe avrebbe scelto qualsiasi altra cosa piuttosto che la guerra. I consoli in carica erano Spurio Nauzio e Sesto Furio. Mentre stavano passando in rassegna le legioni e piazzando delle guarnigioni sulle mura e nei punti in cui avevano stabilito di collocare dei posti di guardia e delle sentinelle, una folla di dimostranti favorevoli alla pace, in un primo tempo li spavent? con grida di rivolta e quindi li costrinse a convocare il senato perch? inviasse degli ambasciatori a Gneo Marzio. I senatori accolsero la proposta quando si accorsero che il morale della plebe stava precipitando e mandarono a Marzio degli inviati per trattare la pace. La risposta che riportarono fu terribile: se il territorio dei Volsci veniva restituito, in quel caso si poteva parlare di pace; ma se volevano la pace solo per godersi il bottino di guerra, allora lui, Marzio, memore dell'ingiustizia subita in patria e del'ospitalit? offertagli in terra straniera, avrebbe dimostrato che l'esilio aveva raddoppiato, e non infiacchito, le sue energie. Gli inviati fecero un secondo tentativo ma non furono nemmeno ammessi all'interno dell'accampamento. Pare che addirittura i sacerdoti, con tutti i loro paramenti, si presentarono supplici all'accampamento nemico ma che, come gi? gli ambasciatori, non riuscirono a far cambiare idea a Marzio.
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