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Progetto
Ovidio - database
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Livio
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Ab urbe condita II, 59
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originale
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[59] Nihil eorum Volsci nesciebant, instabantque eo magis, sperantes idem certamen animorum aduersus Appium habiturum exercitum Romanum quod aduersus Fabium consulem habuisset. Ceterum multo Appio quam Fabio uiolentior fuit; non enim uincere tantum noluit, ut Fabianus exercitus, sed uinci uoluit. Productus in aciem turpi fuga petit castra, nec ante restitit quam signa inferentem Volscum munimentis uidit foedamque extremi agminis caedem. Tum expressa uis ad pugnandum, ut uictor iam a uallo submoueretur hostis, satis tamen appareret capi tantum castra militem Romanum noluisse, alioqui gaudere sua clade atque ignominia. Quibus nihil infractus ferox Appi animus cum insuper saeuire uellet contionemque aduocaret, concurrunt ad eum legati tribunique, monentes ne utique experiri uellet imperium, cuius uis omnis in consensu oboedientium esset; negare uolgo milites se ad contionem ituros passimque exaudiri uoces postulantium ut castra ex Volsco agro moueantur; hostem uictorem paulo ante prope in portis ac uallo fuisse, ingentisque mali non suspicionem modo sed apertam speciem obuersari ante oculos. Victus tandem, quando quidem nihil praeter tempus noxae lucrarentur, remissa contione iter in insequentem diem pronuntiari cum iussisset, prima luce classico signum profectionis dedit. Cum maxime agmen e castris explicaretur, Volsci, ut eodem signo excitati, nouissimos adoriuntur. A quibus perlatus ad primos tumultus eo pauore signaque et ordines turbauit ut neque imperia exaudiri neque instrui acies posset. Nemo ullius nisi fugae memor. Ita effuso agmine per stragem corporum armorumque euasere ut prius hostis desisteret sequi quam Romanus fugere. Tandem conlectis ex dissipato cursu militibus consul, cum reuocando nequiquam suos persecutus esset, in pacato agro castra posuit; aduocataque contione inuectus haud falso in proditorem exercitum militaris disciplinae, desertorem signorum, ubi signa, ubi arma essent singulos rogitans, inermes milites, signo amisso signiferos, ad hoc centuriones duplicariosque qui reliquerant ordines, uirgis caesos securi percussit: cetera multitudo sorte decimus quisque ad supplicium lecti.
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traduzione
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59 I Volsci, al corrente di tutti questi aspetti, aumentarono cos? la pressione sperando che l'esercito romano manifestasse nei confronti di Appio la stessa disposizione all'ammutinamento mostrata nei confronti del console Fabio. Ma gli uomini furono molto pi? duri con Appio che con Fabio. Infatti non si limitarono, come nel caso di quest'ultimo, a non volere la vittoria, bens? desiderarono la sconfitta. Una volta schierati in ordine di battaglia, riguadagnarono l'accampamento con una vergognosa fuga e si fermarono soltanto quando videro i Volsci lanciarsi all'attacco delle loro fortificazioni e seminare la morte nella retroguardia. Fu allora che i soldati romani, respingendo a viva forza dalla trincea il nemico gi? vincitore, dimostrarono che la sola cosa che stesse loro veramente a cuore era salvare l'accampamento, ma per il resto salutarono con entusiasmo la disfatta subita e la vergogna. Queste cose non scoraggiarono minimamente l'aggressivit? di Appio. Quando per? decise di ricorrere a mezzi ancora pi? rigidi sul piano disciplinare e di convocare l'adunata, i suoi diretti subalterni e i tribuni accorsero a frotte da lui e gli consigliarono di non fare ricorso a un'autorit? il cui fondamento risiedeva nel consenso di quelli che dovevano obbedire. Pare che i soldati non volessero comparire in adunata e qua e l? si sentissero voci di chi reclamava l'evacuazione del territorio dei Volsci. Il nemico vincitore era poco tempo prima arrivato a due passi dagli ingressi e dalla trincea e un disastro di enormi proporzioni non era pi? soltanto un'ipotesi probabile ma una realt? concreta di fronte ai loro occhi. Alla fine cedette, ma la punizione dei colpevoli era soltanto rimandata; quindi, dopo aver sospeso l'adunata, diede ordine di mettersi in marcia il giorno successivo. Alle prime luci dell'alba, il trombettiere diede il segnale di partenza. Proprio quando la colonna stava uscendo dal campo, i Volsci, come svegliati di soprassalto da quello stesso segnale, piombarono sulle retrovie. Di qui il disordine si diffuse tra le prime linee; drappelli e compagnie erano in preda a un terrore tale che non era pi? possibile n? sentire gli ordini n? allinearsi. Il pensiero di tutti fu la fuga. ra mucchi di corpi e di armi abbandonate il fuggi-fuggi generale fu cos? disordinato che l'inseguimento dei nemici cess? prima della ritirata dei Romani. Quando al termine di quella rotta scomposta i soldati ritrovarono un assetto, il console, che li aveva seguiti tentando invano di richiamarli al proprio dovere, li fece accampare in una zona sicura. Poi, convocata l'adunata, se la prese - e non a torto - con la truppa per l'insubordinazione alla disciplina militare e per l'abbandono delle insegne. Rivolgendosi ai singoli uomini, domandava che fine avessero fatto le insegne e le armi. I soldati privi di armi, i signiferi che avevano perso l'insegna e inoltre i centurioni e i duplicari colpevoli di aver abbandonato la propria posizione furono fustigati e quindi decapitati. Quanto alla massa dei soldati semplici, uno su dieci fu estratto a sorte e giustiziato.
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