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Ovidio


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autore
brano
 
Livio
Ab urbe condita III, 11
 
originale
 
[11] At ex parte altera consules in conspectu eorum positis sellis dilectum habebant. Eo decurrunt tribuni contionemque secum trahunt. Citati pauci uelut rei experiundae causa, et statim uis coorta. Quemcumque lictor iussu consulis prendisset, tribunus mitti iubebat; neque suum cuique ius modum faciebat sed uirium spes, et manu obtinendum erat quod intenderes. Quemadmodum se tribuni gessissent in prohibendo dilectu, sic patres se in lege, quae per omnes comitiales dies ferebatur, impedienda gerebant. Initium erat rixae, cum discedere populum iussissent tribuni, quod patres se submoueri haud sinebant. Nec fere seniores rei intererant, quippe quae non consilio regenda sed permissa temeritati audaciaeque esset. Multum et consules se abstinebant, ne cui in conluuione rerum maiestatem suam contumeliae offerrent. Caeso erat Quinctius, ferox iuuenis qua nobilitate gentis, qua corporis magnitudine et uiribus. Ad ea munera data a dis et ipse addiderat multa belli decora facundiamque in foro, ut nemo, non lingua, non manu promptior in ciuitate haberetur. Hic cum in medio patrum agmine constitisset, eminens inter alios, uelut omnes dictaturas consulatusque gerens in uoce ac uiribus suis, unus impetus tribunicios popularesque procellas sustinebat. Hoc duce saepe pulsi foro tribuni, fusa ac fugata plebes est; qui obuius fuerat, mulcatus nudatusque abibat, ut satis appareret, si sic agi liceret, uictam legem esse. Tum prope iam perculsis aliis tribunis A. Verginius, ex collegio unus, Caesoni capitis diem dicit. Atrox ingenium accenderat eo facto magis quam conterruerat; eo acrius obstare legi, agitare plebem, tribunos uelut iusto persequi bello. Accusator pati reum ruere inuidiaeque flammam ac materiam criminibus suis suggerere; legem interim non tam ad spem perferendi quam ad lacessendam Caesonis temeritatem ferre. Ibi multa saepe ab iuuentute inconsulte dicta factaque in unius Caesonis suspectum incidunt ingenium. Tamen legi resistebat. Et A. Verginius identidem plebi: 'Ecquid sentitis iam, uos, Quirites, Caesonem simul ciuem et legem quam cupitis habere non posse? Quamquam quid ego legem loquor? Libertati obstat; omnes Tarquinios superbia exsuperat. Exspectate dum consul aut dictator fiat, quem priuatum uiribus et audacia regnantem uidetis.' Adsentiebantur multi pulsatos se querentes, et tribunum ad rem peragendam ultro incitabant.
 
traduzione
 
11 Dall'altra parte i consoli, posti i loro sedili di fronte ai tribuni, facevano la leva. I tribuni arrivano di corsa trascinandosi dietro la folla. Non appena - quasi si volesse tastare il terreno - vengono fatti i nomi di alcuni cittadini, ecco che scoppiano s?bito disordini. Ogni qualvolta il littore, su ordine del console, ne prendeva uno, un tribuno ordinava di rilasciarlo. E la condotta di ognuno non era regolata da un diritto effettivo, ma dalla fiducia nei propri mezzi fisici: di conseguenza quello che si aveva in mente lo si doveva ottenere con la forza. All'ostruzionismo praticato dai tribuni per ostacolare la leva militare i senatori contrapposero un atteggiamento di aperta ostilit? alla legge che veniva riproposta tutti i giorni dedicati alle assemblee. La rissa scoppiava quando i tribuni ordinavano alla gente di separarsi per votare e i patrizi non permettevano che li si allontanasse. I senatori pi? anziani quasi non prendevano parte alla cosa perch? non si poteva venirne a capo con l'uso della ragione, ma tutto era affidato all'avventatezza e alla temerariet?. Anche i consoli cercavano di non lasciarsi coinvolgere per evitare che nel trambusto generale la solennit? del ruolo rivestito potesse essere esposta all'ingiuria di qualcuno. C'era un giovane, Cesone Quinzio, imbaldanzito non solo dai nobili natali ma anche dalla sua struttura possente e dalla sua forza fisica. A questi doni piovuti dal cielo egli aveva aggiunto molte imprese gloriose in guerra e una tale dialettica forense, da non essere ritenuto inferiore a nessuno in citt? per prontezza tanto di mano quanto di lingua. Piantato in mezzo al gruppo di senatori e sovrastandoli come se stesse brandendo con la voce e con la forza tutto il potere dei dittatori e dei consoli, Cesone riusciva a sostenere da solo l'attacco dei tribuni e l'impeto disordinato della folla. Con lui alla testa degli aristocratici, i tribuni vennero pi? volte allontanati dal foro e la plebe addirittura sbaragliata e dispersa. Chi se lo trovava per caso faccia a faccia finiva malmenato e senza uno straccio addosso. Ed era chiaro che se le cose continuavano cos?, per la legge c'erano ben poche speranze. Allora, quando ormai gli altri tribuni avevano subito diverse forme di intimidazione, un membro del loro collegio, un certo Aulo Verginio, trascina Cesone in tribunale chiedendo per lui la pena capitale. Ma, invece di terrorizzare Cesone, questa iniziativa accese il suo animo fiero, portandolo a ostacolare la legge con maggiore accanimento, e a stuzzicare la plebe e ad attaccare i tribuni come se si fosse trattato di una guerra vera e propria. L'accusatore lasciava che l'accusato si rovinasse da s?, attizzando il risentimento popolare e fornendo cos? nuova materia alle proprie incriminazioni. Nel frattempo continuava a insistere sulla legge, non tanto nella speranza di vederla passare, quanto per spingere Cesone a commettere qualche gesto avventato. In quei frangenti, molte delle cose dette e fatte a sproposito dai giovani aristocratici ricaddero sulla sola persona di Cesone a causa dei sospetti ingenerati dalla sua indole. Ciononostante egli continuava a opporsi alla legge. E Aulo Verginio insisteva, rivolgendosi alla plebe in questi termini: ?Immagino che vi rendiate ormai perfettamente conto, o Quiriti, di non potere avere nel contempo Cesone come concittadino e la legge che tanto desiderate. Ma perch? poi parlo di legge? ? alla libert? che costui cerca di opporsi, superando in arroganza l'intera genia dei Tarquini. Aspettate che quest'uomo diventi console o dittatore, lui che gi? ora, pur essendo un privato cittadino, ci mette i piedi in testa a colpi di soprusi e insolenze.? Molti che si lamentavano delle percosse subite erano d'accordo e incitavano il tribuno a portare la cosa fino in fondo.
 

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