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autore
brano
 
Livio
Ab urbe condita III, 12
 
originale
 
[12] Iam aderat iudicio dies apparebatque uolgo homines in damnatione Caesonis libertatem agi credere. Tum demum coactus cum multa indignitate prensabat singulos. Sequebantur necessarii, principes ciuitatis. T. Quinctius Capitolinus, qui ter consul fuerat, cum multa referret sua familiaeque decora, adfirmabat neque in Quinctia gente neque in ciuitate Romana tantam indolem tam maturae uirtutis unquam exstitisse; suum primum militem fuisse, se saepe uidente pugnasse in hostem. Sp. Furius, missum ab Quinctio Capitolino sibi eum in dubiis suis rebus uenisse subsidio; neminem unum esse cuius magis opera putet rem restitutam. L. Lucretius, consul anni prioris, recenti gloria nitens, suas laudes participare cum Caesone, memorare pugnas, referre egregia facinora nunc in expeditionibus, nunc in acie; suadere et monere iuuenem egregium, instructum naturae fortunaeque omnibus bonis, maximum momentum rerum eius ciuitatis in quamcumque uenisset, suum quam alienum mallent ciuem esse. Quod offendat in eo, feruorem et audaciam, aetatem cottidie auferre: quod desideretur, consilium, id in dies crescere. Senescentibus uitiis, maturescente uirtute, sinerent tantum uirum senem in ciuitate fieri. Pater inter hos L. Quinctius, cui Cincinnato cognomen erat, non iterando laudes, ne cumularet inuidiam, sed ueniam errori atque adulescentiae petendo, sibi qui non dicto, non facto quemquam offendisset, ut condonarent filium orabat. Sed alii auersabantur preces aut uerecundia aut metu, alii se suosque mulcatos querentes atroci responso iudicium suum praeferebant.
 
traduzione
 
12 Il giorno del processo si avvicinava ed era ormai chiaro che, a giudizio di tutti, la libert? dipendeva dalla condanna di Cesone. Questi allora, pur considerandola un'iniziativa spregevole, fu alla fine costretto a cercare l'appoggio dei singoli. Al suo s?guito c'erano gli amici, e cio? le personalit? pi? in vista dell'intero paese. Tito Quinzio Capitolino, che in passato era stato per tre volte console, parlando dei molti onori toccati a lui stesso e alla sua famiglia, sosteneva che, n? all'interno della gens Quinzia, n? nel resto della cittadinanza romana, si era mai vista una personalit? cos? spiccata e provvista di tante assennate qualit?. Cesone era stato il suo migliore soldato: spesso lo aveva visto lanciarsi contro il nemico proprio davanti ai suoi occhi. Spurio Furio rilasci? questa testimonianza: inviatogli da Quinzio Capitolino, Cesone era intervenuto in suo aiuto in una situazione pericolosa. A sua detta non c'era nessun altro che, al pari di Cesone, avesse contribuito a ristabilire le sorti dello scontro. Lucio Lucrezio, console l'anno precedente e nel fulgore della recente gloria, divideva i propri meriti con Cesone, ne ricordava le azioni militari, ne menzionava le non comuni imprese, tanto nel corso delle spedizioni, quanto nei combattimenti. Ed esortava la gente a preferire che quel giovane straordinario, provvisto d'ogni dono fornito dalla natura e dalla sorte, nonch? capace di diventare il punto di forza di qualunque paese lo avesse accolto, fosse un concittadino loro piuttosto che di altri. Ci? che in lui poteva infastidire (eccesso di ardore e impulsivit?) col passare degli anni si sarebbe attenuato. Ci? che invece gli mancava (ossia la prudenza) sarebbe cresciuto giorno dopo giorno. La gente avrebbe dovuto accettare che un uomo simile - nel quale l'intensit? dei difetti era destinata ad affievolirsi insieme al progressivo maturare delle virt? - invecchiasse nel pieno possesso della cittadinanza romana. Tra i suoi difensori c'era anche il padre, Lucio Quinzio, soprannominato Cincinnato. Questi, evitando di ribadire gli elogi rivolti al figlio per non accrescerne l'impopolarit?, ma implorando clemenza per errori imputabili alla giovane et?, chiedeva al popolo di assolvere il figlio come favore dovuto al padre che non aveva mai offeso nessuno, n? con gli atti, n? con le parole. Ma alcuni, o per imbarazzo o per paura, si rifiutavano di dare ascolto alle sue implorazioni, mentre altri, lamentandosi delle percosse subite o di quelle toccate agli amici, facevano capire con interventi durissimi il voto che avrebbero espresso.
 

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