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Ovidio


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autore
brano
 
Livio
Ab urbe condita III, 34
 
originale
 
[34] Cum promptum hoc ius uelut ex oraculo incorruptum pariter ab iis summi infimique ferrent, tum legibus condendis opera dabatur; ingentique hominum exspectatione propositis decem tabulis, populum ad contionem aduocauerunt et, quod bonum faustum felixque rei publicae ipsis liberisque eorum esset, ire et legere leges propositas iussere: se, quantum decem hominum ingeniis prouideri potuerit, omnibus, summis infimisque, iura aequasse: plus pollere multorum ingenia consiliaque. Versarent in animis secum unamquamque rem, agitarent deinde sermonibus, atque in medium quid in quaque re plus minusue esset conferrent. Eas leges habiturum populum Romanum quas consensus omnium non iussisse latas magis quam tulisse uideri posset. Cum ad rumores hominum de unoquoque legum capite editos satis correctae uiderentur, centuriatis comitiis decem tabularum leges perlatae sunt, qui nunc quoque, in hoc immenso aliarum super alias aceruatarum legum cumulo, fons omnis publici priuatique est iuris. Volgatur deinde rumor duas deesse tabulas quibus adiectis absolui posse uelut corpus omnis Romani iuris. Ea exspectatio, cum dies comitiorum adpropinquaret, desiderium decemuiros iterum creandi fecit. Iam plebs, praeterquam quod consulum nomen haud secus quam regum perosa erat, ne tribunicium quidem auxilium, cedentibus in uicem appellationi decemuiris, quaerebat.
 
traduzione
 
34 Mentre tutti i cittadini - dal pi? autorevole al meno in vista e senza alcuna parzialit? - accoglievano questa giustizia tempestiva e incontaminata come se provenisse da un oracolo, i decemviri erano nel contempo alle prese con la rifondazione di un nuovo codice. Fra la grande attesa della gente, dopo aver esposto dieci tavole, convocarono il popolo in assemblea. E, augurandosi che ci? fosse buono e fausto per la repubblica, per loro e per i loro figli, ordinarono a tutti di andare a consultare di persona le leggi proposte. Per quanto era stato possibile alle capacit? intellettuali di dieci uomini, dissero di aver messo sullo stesso piano i diritti di tutti, dai cittadini pi? altolocati a quelli meno in vista. Certo le menti e le proposte di molti avrebbero sortito esiti pi? efficaci. Che si considerasse dunque ogni singolo punto, se ne discutesse e alla fine si venisse a esporre di fronte a tutti gli eccessi e le inadeguatezze eventualmente riscontrati nei singoli articoli. Il popolo romano doveva avere delle leggi che sembrassero non solo essere state approvate, ma addirittura proposte dal consenso unanime della comunit?. Quando sembr? che le leggi avessero subito sufficienti emendamenti alla luce delle opinioni espresse dalla gente sulle singole sezioni, i comizi centuriati approvarono e adottarono definitivamente le Leggi delle X Tavole, che ancor oggi, in questo immenso guazzabuglio di leggi accatastate caoticamente l'una sull'altra, restano la fonte di tutto il diritto pubblico e privato. In s?guito cominci? a circolare la voce che mancassero ancora due tavole, aggiunte le quali il corpo del diritto romano si sarebbe potuto definire realizzato. Con le elezioni ormai alle porte, la speranza di completare le leggi fece crescere nella gente il desiderio di eleggere di nuovo dei decemviri. La plebe, al di l? del fatto che detestava il nome dei consoli almeno tanto quanto quello dei re, ormai non andava nemmeno pi? a cercare l'aiuto dei tribuni, visto che in caso di appello i decemviri cedevano reciprocamente l'uno nei confronti dell'altro.
 

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