LETTERATURA torna alla homepage
PRECICERONIANA CICERONIANA AUGUSTEA IMPERIALE RISORSE
     
Ovidio


  Cerca







Progetto Ovidio - database

 

 


 torna alla pagina precedente
 passim precedente

autore
brano
 
Livio
Ab urbe condita III, 41
 
originale
 
[41] In hanc sententiam ut discederetur iuniores patrum euincebant. Ferocioresque iterum coorti Valerius Horatiusque uociferari ut de re publica liceret dicere; dicturos ad populum, si in senatu per factionem non liceat; neque enim sibi priuatos aut in curia aut in contione posse obstare, neque se imaginariis fascibus eorum cessuros esse. Tum Appius iam prope esse ratus ut ni uiolentiae eorum pari resisteretur audacia, uictum imperium esset, 'non erit melius' inquit, 'nisi de quo consulimus, uocem misisse,' et ad Valerium, negantem se priuato reticere, lictorem accedere iussit. Iam Quiritium fidem implorante Valerio a curiae limine, L. Cornelius complexus Appium, non cui simulabat consulendo, diremit certamen; factaque per Cornelium Valerio dicendi gratia quae uellet, cum libertas non ultra uocem excessisset, decemuiri propositum tenuere. Consulares quoque ac seniores ab residuo tribuniciae potestatis odio, cuius desiderium plebi multo acrius quam consularis imperii rebantur esse, prope malebant postmodo ipsos decemuiros uoluntate abire magistratu quam inuidia eorum exsurgere rursus plebem: si leniter ducta res sine populari strepitu ad consules redisset, aut bellis interpositis aut moderatione consulum in imperiis exercendis posse in obliuionem tribunorum plebem adduci. Silentio patrum edicitur dilectus. Iuniores cum sine prouocatione imperium esset ad nomina respondent. Legionibus scriptis, inter se decemuiri comparabant quos ire ad bellum, quos praeesse exercitibus opporteret. Principes inter decemuiros erant Q. Fabius et Ap. Claudius. Bellum domi maius quam foris apparebat. Appi uiolentiam aptiorem rati ad comprimendos urbanos motus: in Fabio minus in bono constans quam nauum in malitia ingenium esse. Hunc enim uirum, egregium olim domi militiaeque, decemuiratus collegaeque ita mutauerant ut Appi quam sui similis mallet esse. Huic bellum in Sabinis, M'. Rabuleio et Q. Poetelio additis collegis, mandatum. M. Cornelius in Algidum missus cum L. Minucio et T. Antonio et K. Duillio et M. Sergio. Sp. Oppium Ap. Claudio adiutorem ad urbem tuendam, aequo omnium decemuirorum imperio, decernunt.
 
traduzione
 
41 I giovani senatori erano ormai riusciti a far prevalere questa proposta. Allora Valerio e Orazio, con maggior furore, chiesero gridando che fosse loro concesso di parlare sulla situazione dello Stato. Avrebbero parlato al popolo, se con raggiri non fosse stato loro concesso di farlo in senato. Infatti dei privati cittadini non potevano certo opporsi n? nella curia n? nell'assemblea: essi non si sarebbero fermati di fronte ai loro fasci che rappresentavano un potere del tutto inesistente. Appio allora, pensando che la sua autorit? avesse ormai i minuti contati, se non reagiva con audacia pari alla loro violenza, disse: ?Fareste bene ad aprire bocca soltanto sugli argomenti sui quali vi consultiamo!? E siccome Valerio sosteneva di non poter essere zittito da un privato cittadino, Appio ordin? a un littore di mettersi al suo fianco. E mentre Valerio dal fondo della curia implorava l'aiuto dei Quiriti, Lucio Cornelio and? a trattenere Appio e, fingendo di intervenire a favore dell'altro, pose fine alla contesa. Cos?, grazie a Cornelio, a Valerio fu concesso di trattare i temi che pi? gli stavano a cuore; ma poich? non ebbe altra libert? che quella di parlare, i decemviri ottennero ci? che si erano prefissati. Perfino gli ex-consoli e i senatori pi? anziani, a causa dell'odio che continuavano a nutrire nei confronti del potere dei tribuni - a loro detta rimpianto dalla plebe pi? del potere consolare -, preferivano che col tempo i decemviri rinunciassero volontariamente alla carica piuttosto che il risentimento nei loro confronti portasse a una nuova insurrezione della plebe. Se il potere fosse tornato ai consoli gradatamente e senza tumulti di piazza, essi, grazie allo scoppio di qualche guerra o in virt? della moderazione dimostrata dai consoli nell'esercizio delle proprie funzioni di comando, sarebbero riusciti a far dimenticare alla plebe i tribuni. Viene bandita la leva senza opposizioni da parte dei senatori. Siccome il decemvirato non ammetteva il diritto d'appello, i giovani rispondono alla chiamata. Una volta arruolate le legioni, i decemviri si consultano tra di loro per decidere chi debba andare in guerra e a chi tocchi il comando delle truppe. Tra i decemviri pi? autorevoli erano Quinto Fabio e Appio Claudio. Ma la guerra intestina dava l'impressione di essere pi? preoccupante di quella col nemico. Il carattere impetuoso di Appio sembr? loro pi? adatto a reprimere le sommosse cittadine. L'indole di Fabio era invece pi? incostante nel bene che solerte nel male. E Fabio - distintosi in passato tanto per meriti civili quanto militari - era stato trasformato in maniera cos? profonda dalla carica di decemviro e dai colleghi che adesso preferiva essere simile ad Appio piuttosto che a se stesso. Gli venne affidata la campagna contro i Sabini e come colleghi ebbe Manio Rabuleio e Quinto Petelio. Marco Cornelio fu invece inviato sull'Algido insieme a Lucio Minucio, Tito Antonio, Cesone Duilio e Marco Sergio. Ad Appio Claudio affidarono come aiutante nella difesa di Roma Spurio Oppio, conferendo lo stesso potere a tutti i decemviri.
 

aggiungi questa pagina ai preferiti aggiungi ai preferiti imposta progettovidio come pagina iniziale imposta come pagina iniziale  torna su

tutto il materiale presente su questo sito è a libera disposizione di tutti, ad uso didattico e personale, non profit/no copyright --- bukowski

  HOMEPAGE

  SEGNALA IL SITO

  FAQ 

ideatore, responsabile e content editor NUNZIO CASTALDI (bukowski)
powered by www.weben.it

Licenza Creative Commons
i contenuti di questo sito sono coperti da Licenza Creative Commons