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Ovidio


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autore
brano
 
Livio
Ab urbe condita III, 51
 
originale
 
[51] Dimissis legatis, admonet milites Verginius in re non maxima paulo ante trepidatum esse, quia sine capite multitudo fuerit, responsumque, quamquam non inutiliter, fortuito tamen magis consensu quam communi consilio esse; placere decem creari qui summae rei praeessent militarique honore tribunos militum appellari. Cum ad eum ipsum primum is honos deferretur, 'melioribus meis uestrisque rebus reseruate' inquit, 'ista de me iudicia. Nec mihi filia inulta honorem ullum iucundum esse patitur, nec in perturbata re publica eos utile est praeesse uobis qui proximi inuidiae sint. Si quis usus mei est, nihilo minor ex priuato capietur.' ita decem numero tribunos militares creant. Neque in Sabinis quieuit exercitus. Ibi quoque auctore Icilio Numitorioque secessio ab decemuiris facta est, non minore motu animorum Sicci caedis memoria renouata quam quem noua fama de uirgine adeo foede ad libidinem petita accenderat. Icilius ubi audiuit tribunos militum in Auentino creatos, ne comitiorum militarium praerogatiuam urbana comitia iisdem tribunis plebis creandis sequerentur, peritus rerum popularium imminensque ei potestati et ipse, priusquam iretur ad urbem, pari potestate eundem numerum ab suis creandum curat. Porta Collina urbem intrauere sub signis, mediaque urbe agmine in Auentinum pergunt. Ibi coniuncti alteri exercitui uiginti tribunis militum negotium dederunt ut ex suo numero duos crearent qui summae rerum praeessent. M. Oppium Sex. Manilium creant. Patres solliciti de summa rerum cum senatus cottidie esset iurgiis saepius terunt tempus quam consiliis. Sicci caedes decemuiris et Appiana libido et dedecora militiae obiciebantur. Placebat Valerium Horatiumque ire in Auentinum. Illi negabant se aliter ituros quam si decemuiri deponerent insignia magistratus eius quo anno iam ante abissent. Decemuiri querentes se in ordinem cogi, non ante quam perlatis legibus quarum causa creati essent deposituros imperium se aiebant.
 
traduzione
 
51 Congedati i tre inviati, Verginio fa notare ai soldati che, pur essendosi trattato di una questione di importanza non grandissima, poco prima c'era stata una gran confusione perch? la moltitudine non aveva ancora un capo. Anche se poi la risposta data era stata soddisfacente, ciononostante si era trattato di un fortuito consenso pi? che di una decisione comune. La sua idea era quella di eleggere dieci uomini da porre ai vertici del comando e da insignire del grado militare di tribuni dei soldati. Siccome il primo cui si voleva conferire questa carica era proprio Verginio, egli disse: ?Questi segni di apprezzamento nei miei confronti riservateli a tempi migliori per me e per voi. Quanto a me, non c'? titolo che possa rendermi felice fino al giorno in cui la morte di mia figlia non sar? vendicata. N? pu? risultare di grande utilit? che in questo momento di crisi per il paese vi guidino degli individui inevitabilmente destinati a essere impopolari. Se posso essere in qualche modo utile alla causa comune, non lo sar? certo di meno come privato cittadino.? Cos? nominano dieci tribuni militari. Ma neppure in terra sabina l'esercito romano rimase inerte. Anche l?, su istigazione di Icilio e Numitorio, scoppi? una rivolta contro i decemviri: infiamm? gli animi il ricordo dell'assassinio di Siccio, inasprito dalla recente notizia della ragazza cos? vergognosamente disonorata per soddisfare la libidine. Quando Icilio venne a sapere che sull'Aventino avevano nominato dei tribuni militari, per evitare che le assemblee cittadine si allineassero alle scelte di quelle militari, eleggendo tribuni della plebe gli stessi uomini, essendo esperto di questioni legate al popolo e aspirando egli stesso a quella carica, fece in modo che prima di marciare alla volta di Roma i suoi ne eleggessero un ugual numero e con uguale potere. Entrati in citt? dalla porta Collina con le insegne, raggiunsero l'Aventino attraversando incolonnati il centro della citt?. Dopo essersi l? ricongiunti con l'altro esercito, affidarono ai venti tribuni militari il c?mpito di nominarne due all'interno di loro, ai quali poi delegare il potere assoluto. La scelta cadde su Marco Oppio e Sesto Manilio. I senatori, in allarme per la situazione generale, tenevano ogni giorno una seduta, ma molto spesso si perdevano in battibecchi invece di deliberare. Ai decemviri rinfacciavano l'uccisione di Siccio, la libidine di Appio e le disonorevoli azioni militari. Si decideva di inviare Valerio e Orazio sull'Aventino, ma essi si rifiutavano, se i decemviri non abbandonavano le insegne di quella magistratura dalla quale erano decaduti gi? nel corso dell'anno precedente. I decemviri, lamentandosi di venir sottoposti a una vera degradazione, decidevano che non avrebbero rinunciato al potere prima dell'approvazione di quelle leggi per redigere le quali erano stati eletti.
 

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