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Ovidio


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Livio
Ab urbe condita III, 65
 
originale
 
[65] Noui tribuni plebis in cooptandis collegis patrum uoluntatem fouerunt; duos etiam patricios consularesque, Sp. Tarpeium et A. Aternium, cooptauere. Consules creati Sp. Herminius T. Verginius Caelimontanus, nihil magnopere ad patrum aut plebis causam inclinati, otium domi ac foris habuere. L. Trebonius tribunus plebis, infestus patribus quod se ab iis in cooptandis tribunis fraude captum proditumque a collegis aiebat, rogationem tulit ut qui plebem Romanam tribunos plebei rogaret, is usque eo rogaret dum decem tribunos plebei faceret; insectandisque patribus, unde Aspero etiam inditum est cognomen, tribunatum gessit. Inde M. Geganius Macerinus et C. Iulius consules facti contentiones tribunorum aduersus nobilium iuuentutem ortas, sine insectatione potestatis eius conseruata maiestate patrum, sedauere; plebem, decreto ad bellum Volscorum et Aequorum dilectu, sustinendo rem ab seditionibus continuere, urbano otio foris quoque omnia tranquilla esse adfirmantes, per discordias ciuiles externos tollere animos. Cura pacis concordiae quoque intestinae causa fuit. Sed alter semper ordo grauis alterius modestiae erat; quiescenti plebi ab iunioribus patrum iniuriae fieri coeptae. Vbi tribuni auxilio humilioribus essent, in primis parum proderat; deinde ne ipsi quidem inuiolati erant, utique postremis mensibus, cum et per coitiones potentiorum iniuria fieret et uis potestatis omnis aliquanto posteriore anni parte languidior ferme esset. Iamque plebs ita in tribunatu ponere aliquid spei, si similes Icilio tribunos haberet: nomina tantum se biennio habuisse. Seniores contra patrum ut nimis feroces suos credere iuuenes, ita malle, si modus excedendus esset, suis quam aduersariis superesse animos. Adeo moderatio tuendae libertatis, dum aequari uelle simulando ita se quisque extollit ut deprimat alium, in difficili est, cauendoque ne metuant, homines metuendos ultro se efficiunt, et iniuriam ab nobis repulsam, tamquam aut facere aut pati necesse sit, iniungimus aliis.
 
traduzione
 
65 I nuovi tribuni nella cooptazione dei colleghi assecondarono i desideri degli aristocratici; infatti scelsero anche Spurio Tarpeio e Aulo Aternio, due nobili che in passato erano stati consoli. Quanto poi ai nuovi consoli, Spurio Erminio e Tito Verginio, entrambi privi di particolari inclinazioni nei confronti della plebe o del patriziato, mantennero la pace in patria e all'estero. Il tribuno della plebe Lucio Trebonio, risentito nei confronti dei patrizi perch? sosteneva di esser stato da loro tratto in inganno e tradito dai colleghi nella cooptazione dei tribuni, propose una legge in base alla quale chi avesse convocato la plebe romana alle elezioni dei tribuni avrebbe dovuto continuare a presiedere la seduta fino a quando non fossero stati eletti i dieci tribuni della plebe previsti. Trebonio, per tutta la durata del suo mandato, incalz? i patrizi con una tale insistenza che gli fu dato il soprannome di Aspro. I consoli successivi Marco Geganio Macerino e Gaio Giulio sedarono le contese sorte tra i tribuni e i giovani nobili, senza accanirsi contro il potere di quei magistrati e conservando il prestigio dei senatori. Per evitare poi che la plebe si lasciasse andare a episodi di violenza, sospesero la leva militare indetta per la guerra contro Volsci ed Equi, affermando che, se in citt? regnava la pace, anche all'estero tutto rimaneva tranquillo, mentre le discordie intestine facevano alzare la testa ai popoli vicini. La salvaguardia della pace fu causa anche della concordia interna. Ma una delle due classi era sempre pronta a sfruttare la moderazione dell'altra. E fu cos? che, mentre la plebe era quieta, i giovani patrizi cominciarono a commettere soprusi. Quando i tribuni tentavano di spalleggiare i pi? deboli, il loro intervento approdava a poco. Poi neppure i tribuni riuscivano a sottrarsi alla violenza fisica, specie negli ultimi mesi del mandato, perch? i pi? potenti si coalizzavano per imporre l'ingiustizia, ma anche perch? il potere di ogni magistratura verso la fine dell'anno solitamente s'indebolisce. Ormai la plebe poteva riporre qualche speranza nel tribunato soltanto a condizione di avere tribuni come Icilio, ma negli ultimi due anni si erano avuti solo dei tribuni di nome. Dal canto loro, i patrizi pi? anziani, pur sapendo che i loro giovani erano troppo violenti, preferivano che - se da qualche parte si doveva superare la misura - gli eccessi di animosit? li facessero registrare i loro piuttosto che gli avversari. Nella lotta per difendere la libert? la moderazione ? veramente difficile: infatti, pur ostentando di volere una forma di equilibrio, ciascuno tende a innalzare se stesso soffocando gli altri. Cercando poi di non essere intimoriti, alla fine gli uomini si trasformano nell'oggetto delle altrui paure. E mentre il sopruso ci disgusta, come se fosse inevitabile o commetterlo o subirlo, finisce che siamo noi a fare dei torti agli altri.
 

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