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Progetto
Ovidio - database
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Livio
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Ab urbe condita III, 67
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originale
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[67] Ibi in hanc sententiam locutum accipio: 'Etsi mihi nullius noxae conscius, Quirites, sum, tamen cum pudore summo in contionem in conspectum uestrum processi. Hoc uos scire, hoc posteris memoriae traditum iri Aequos et Volscos, uix Hernicis modo pares, T. Quinctio quartum consule ad moenia urbis Romae impune armatos uenisse! Hanc ego ignominiam, quamquam iam diu ita uiuitur ut nihil boni diuinet animus, si huic potissimum imminere anno scissem, uel exsilio uel morte, si alia fuga honoris non esset, uitassem. Ergo si uiri arma illa habuissent quae in portis fuere nostris, capi Roma me consule potuit? Satis honorum, satis superque uitae erat; mori consulem tertium oportuit. Quem tandem ignauissimi hostium contempsere? Nos consules an uos Quirites? Si culpa in nobis est, auferte imperium indignis et, si id parum est, insuper poenas expetite: si in uobis, nemo deorum nec hominum sit, qui uestra puniat peccata, Quirites: uosmet tantum eorum paeniteat. Non illi uestram ignauiam contempsere nec suae uirtuti confisi sunt; quippe totiens fusi fugatique, castris exuti, agro multati, sub iugum missi, et se et uos nouere: discordia ordinum et uenenum urbis huius, patrum ac plebis certamina, dum nec nobis imperii nec uobis libertatis est modus, dum taedet uos patriciorum, nos plebeiorum magistratuum, sustulere illis animos. Pro deum fidem, quid uobis uoltis? Tribunos plebis concupistis; concordiae causa concessimus. Decemuiros desiderastis; creari passi sumus. Decemuirorum uos pertaesum est; coegimus abire magistratu. Manente in eosdem priuatos ira uestra, mori atque exulare nobilissimos uiros honoratissimosque passi sumus. Tribunos plebis creare iterum uoluistis; creastis. Consules facere uestrarum partium; etsi patribus uidebamus iniquos, patricium quoque magistratum plebi donum fieri uidimus. Auxilium tribunicium, prouocationem ad populum, scita plebis iniuncta patribus, sub titulo aequandarum legum nostra iura oppressa tulimus et ferimus. Qui finis erit discordiarum? Ecquando unam urbem habere, ecquando communem hanc esse patriam licebit? Victi nos aequiore animo quiescimus quam uos uictores. Satisne est nobis uos metuendos esse? Aduersus nos Auentinum capitur, aduersus nos Sacer occupatur mons; Esquilias uidimus ab hoste prope captas et scandentem in aggerem Volscum. Hostem nemo submouit: in nos uiri, in nos armati estis.
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traduzione
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67 L? - almeno a quanto ho trovato io - parl? in questi termini: ?Bench? io sia conscio di non aver alcuna colpa, o Quiriti, ciononostante ? con estrema vergogna ch'io mi presento al cospetto di questa assemblea. Voi sapete, e un giorno verr? tramandato ai posteri, che, durante il quarto consolato di Tito Quinzio, Volsci ed Equi - un tempo appena all'altezza degli Ernici - sono giunti impunemente fin sotto le mura di Roma con le armi in pugno. Bench? ormai da tempo la situazione sia tale da non lasciar presagire nulla di buono, ciononostante, se solo avessi saputo che l'anno ci riservava un episodio cos? funesto, avrei evitato questa ignominia, anche a costo di andare in esilio o di togliermi la vita, ove non mi restassero altri mezzi per sottrarmi a questa carica. Se fossero stati uomini degni di questo nome quelli che si sono presentati con le armi in pugno di fronte alle nostre porte, Roma avrebbe potuto esser presa sotto il mio consolato! Avevo avuto onori a sufficienza e vita a sufficienza, anzi fin troppo lunga: avrei dovuto morire durante il mio terzo consolato. Ma a chi hanno riservato il loro disprezzo i nostri pi? vili nemici? A noi consoli, oppure a voi, o Quiriti? Se la colpa ? nostra, allora privateci di un'autorit? della quale non siamo degni. E se poi questo non basta, aggiungete anche una punizione. Se invece la responsabilit? ricade su di voi, l'augurio ? che n? gli d?i n? gli uomini vi facciano pagare i vostri errori, ma siate soltanto voi stessi a pentirvene. I nemici non hanno disprezzato la codardia che ? in voi, ma nemmeno riposto eccessiva fiducia nel proprio coraggio. A dir la verit? ? toccato loro molte volte di essere sbaragliati e messi in fuga, privati dell'accampamento e di parte del territorio, nonch? di passare sotto il giogo, e conoscono voi e se stessi! No, sono la discordia delle classi e gli eterni contrasti - vero veleno di questa citt? - tra patrizi e plebei, che hanno risollevato il loro animo, perch? noi non moderiamo il nostro potere e voi la vostra libert?, voi siete insofferenti nei confronti dei patrizi e noi nei confronti delle magistrature plebee. Ma in nome degli d?i, cosa volete? Morivate dalla voglia di avere dei tribuni della plebe, in nome della concordia sociale ve li abbiamo concessi. Desideravate i decemviri: ne abbiamo autorizzato l'elezione. Vi siete stancati dei decemviri, li abbiamo costretti ad abbandonare la carica. Continuavate a odiarli anche quando erano ormai tornati dei privati cittadini, abbiamo tollerato che uomini molto nobili e onorati venissero condannati a morte e all'esilio. Poi vi ? di nuovo venuta la voglia di eleggere dei tribuni, li avete eletti, e di nominare consoli dei membri della vostra parte e noi, pur sembrandoci ingiusto nei confronti dell'aristocrazia, siamo arrivati al punto di vedere quella grande magistratura patrizia offerta in dono alla plebe. L'intromissione dei tribuni, l'appello di fronte al popolo, i decreti approvati dalla plebe e imposti al patriziato, i nostri diritti calpestati in nome dell'eguaglianza delle leggi, tutto abbiamo sopportato e sopportiamo. In che modo potranno mai avere fine i contrasti? Verr? mai il giorno in cui sar? possibile avere una sola citt? unita e considerarla la patria comune? Noi, che ne usciamo sconfitti, accettiamo la situazione con animo pi? sereno di quanto non facciate voi, che pure siete i vincitori. Non vi basta che noi dobbiamo temervi? Contro di noi ? stato preso l'Aventino, contro di noi ? stato occupato il monte Sacro. Abbiamo visto l'Esquilino quasi preso dal nemico e i Volsci apprestarsi a scalare le mura di Roma: nessuno ha avuto il coraggio di andarli a ricacciare indietro. Solo contro di noi voi siete dei veri uomini, solo contro di noi impugnate le armi.
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