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Ovidio


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autore
brano
 
Livio
Ab urbe condita III, 68
 
originale
 
[68] Agitedum, ubi hic curiam circumsederitis et forum infestum feceritis et carcerem impleueritis principibus, iisdem istis ferocibus animis egredimini extra portam Esquilinam, aut, si ne hoc quidem audetis, ex muris uisite agros uestros ferro ignique uastatos, praedam abigi, fumare incensa passim tecta. At enim communis res per haec loco est peiore; ager uritur, urbs obsidetur, belli gloria penes hostes est. Quid tandem? Priuatae res uestrae quo statu sunt? Iam unicuique ex agris sua damna nuntiabuntur. Quid est tandem domi unde ea expleatis? Tribuni uobis amissa reddent ac restituent? Vocis uerborumque quantum uoletis ingerent, et criminum in principes et legum aliarum super alias ut contionum; sed ex illis contionibus nunquam uestrum quisquam re, fortuna domum auctior rediit. Ecquis rettulit aliquid ad coniugem ac liberos praeter odia offensiones simultates publicas priuatasque, a quibus semper non uestra uirtute innocentiaque, sed auxilio alieno tuti sitis? At hercules, cum stipendia nobis consulibus, non tribunis ducibus, et in castris, non in foro faciebatis, et in acie uestrum clamorem hostes, non in contione patres Romani horrebant, praeda parta agro ex hoste capto pleni fortunarum gloriaeque simul publicae simul priuatae triumphantes domum ad penates redibatis: nunc oneratum uestris fortunis hostem abire sinitis. Haerete adfixi contionibus et in foro uiuite: sequitur uos necessitas militandi quam fugitis. Graue erat in Aequos et Volscos proficisci: ante portas est bellum. Si inde non pellitur, iam intra moenia erit et arcem et Capitolium scandet et in domos uestras uos persequetur. Biennio ante senatus dilectum haberi et educi exercitum in Algidum iussit: sedemus desides domi mulierum ritu inter nos altercantes, praesenti pace laeti nec cernentes ex otio illo breui multiplex bellum rediturum. His ego gratiora dictu alia esse scio; sed me uera pro gratis loqui, etsi meum ingenium non moneret, necessitas cogit. Vellem equidem uobis placere, Quirites; sed multo malo uos saluos esse, qualicumque erga me animo futuri estis. Natura hoc ita comparatum est, ut qui apud multitudinem sua causa loquitur gratior eo sit cuius mens nihil praeter publicum commodum uidet; nisi forte adsentatores publicos, plebicolas istos, qui uos nec in armis nec in otio esse sinunt, uestra uos causa incitare et stimulare putatis. Concitati aut honori aut quaestui illis estis; et quia in concordia ordinum nullos se usquam esse uident, malae rei se quam nullius, turbarum ac seditionum duces esse uolunt. Quarum rerum si uos taedium tandem capere potest et patrum uestroque antiquos mores uoltis pro his nouis sumere, nulla supplicia recuso, nisi paucis diebus hos populatores agrorum nostrorum fusos fugatosque castris exuero et a portis nostris moenibusque ad illorum urbes hunc belli terrorem quo nunc uos attoniti estis transtulero.'
 
traduzione
 
68 Forza dunque: visto che siete riusciti ad assediare la curia, a trasformare il foro in una tana di insidie e a riempire le patrie prigioni di uomini eminenti, dimostrate la stessa audacia, uscite dalla porta Esquilina. Ma se non siete neppure all'altezza di un gesto del genere, allora andate a vedere dall'alto delle mura i vostri campi messi a ferro e fuoco, le vostre cose portate via e il fumo degli incendi che sale qua e l? nel cielo dalle case in fiamme. Ma voi potreste obiettare che chi sta peggio ? lo Stato, con le campagne che bruciano, la citt? assediata e la gloria militare lasciata solo ai nemici. E con questo? Credete che i vostri interessi privati non si trovino nella stessa situazione? Presto dalla campagna arriver? a ciascuno di voi la notizia delle perdite subite. Che cosa c'? qui in patria, in grado di risarcirle? Ci penseranno i tribuni a restituirvi quel che avete perduto? Vi prodigheranno a saziet? parole e chiacchiere, accuse contro cittadini in vista, leggi su leggi e concioni. Ma da quelle concioni nessuno di voi ? mai tornato a casa pi? ricco di beni e di denaro. O c'? mai stato qualcuno che abbia riportato a moglie e figli altro che risentimento, antipatie e gelosie pubbliche e private dalle quali siete stati protetti non certo per il vostro valore e la vostra integrit?, ma per l'aiuto ricevuto da altri? Ma, per Ercole, quando eravate al servizio di noi consoli e non dei tribuni, e nell'accampamento invece che nel Foro, quando il vostro urlo spaventava il nemico in battaglia e non i senatori romani in assemblea, dopo aver fatto bottino e dopo aver conquistato terre al nemico, tornavate a casa, ai vostri Penati, carichi di preda, coperti di gloria e di successi conquistati per la patria e per voi stessi! Ora invece permettete che i nemici se ne vadano carichi delle vostre ricchezze. Tenetevele strette le vostre assemblee e continuate pure a vivere nel Foro: ma la necessit? di prendere le armi - da cui rifuggite - vi incalza. Vi pesava marciare contro Equi e Volsci? Ora la guerra ? alle porte. Se non si riuscir? ad allontanarla, presto si trasferir? all'interno delle mura e salir? fino alla rocca del Campidoglio, perseguitandovi anche dentro le case. Due anni or sono il senato band? una leva militare e poi diede ordine di condurre le truppe sull'Algido: noi ora ce ne stiamo qui oziosi, litigando come donnicciole, contenti della pace del momento e incapaci di prevedere che da questo breve periodo di tregua la guerra risorger? mille volte pi? grande. So benissimo che ci sono cose molto pi? piacevoli a dirsi. Ma a parlare di cose vere anzich? di gradite, anche se non mi ci inducesse il mio carattere, mi obbliga la necessit?. Vorrei davvero piacervi, o Quiriti, ma preferisco di gran lunga vedervi sani e salvi, qualunque sia il sentimento che nutrirete in futuro nei miei confronti. Dalla natura ? stato disposto cos?: chi parla in pubblico per interesse personale ? pi? gradito di chi ha invece al vertice dei suoi pensieri solo l'interesse dell'intera comunit?; a meno che per caso non crediate che tutti questi adulatori del popolo e questi demagoghi che oggi non vi permettono n? di combattere n? di starvene tranquilli vi incitino e vi stimolino nel vostro interesse. La vostra agitazione ? per loro titolo di merito o ragione di profitto; e siccome quando regna la concordia tra le classi essi sanno di non essere nulla, preferiscono mettersi a capo di tumulti e sedizioni, preferiscono fare azioni malvage piuttosto che nulla. Se esiste una possibilit? che alla fine tutto ci? arrivi a disgustarvi e che vogliate tornare alle vostre abitudini di un tempo e a quelle dei vostri antenati, rinunciando alle funeste innovazioni, vi autorizzo a punirmi se nel giro di pochi giorni non sar? riuscito a sbaragliare questi devastatori delle nostre campagne dopo averli sradicati dall'accampamento, e a trasferire da sotto le nostre mura alle loro citt? questa paura di un conflitto che ora vi paralizza.?
 

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