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Progetto
Ovidio - database
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Livio
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Ab urbe condita IV, 41
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originale
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[41] Adversus haec Tempani oratio incompta fuisse dicitur, ceterum militariter grauis, non suis uana laudibus, non crimine alieno laeta: quanta prudentia rei bellicae in C. Sempronio esset, non militis de imperatore existimationem esse, sed populi Romani fuisse, cum eum comitiis consulem legeret. Itaque ne ab se imperatoria consilia neu consulares artes exquirerent, quae pensitanda quoque magnis animis atque ingeniis essent; sed quod viderit referre posse. Vidisse autem se priusquam ab acie intercluderetur consulem in prima acie pugnantem, adhortantem, inter signa Romana telaque hostium versantem. Postea se a conspectu suorum ablatum ex strepitu tamen et clamore sensisse usque ad noctem extractum certamen; nec ad tumulum quem ipse tenuerat prae multitudine hostium credere perrumpi potuisse. Exercitus ubi esset se nescire; arbitrari, velut ipse in re trepida loci praesidio se suosque sit tutatus, sic consulem seruandi exercitus causa loca tutiora castris cepisse; nec Volscorum meliores res esse credere quam populi Romani; fortunam noctemque omnia erroris mutui implesse. Precantemque deinde ne se fessum labore ac volneribus tenerent, cum ingenti laude non virtutis magis quam moderationis dimissum. Cum haec agerentur, iam consul via Labicana ad fanum Quietis erat. Eo missa plaustra iumentaque alia ab urbe exercitum adfectum proelio ac via nocturna excepere. Paulo post in urbem est ingressus consul, non ab se magis enixe amovens culpam quam Tempanium meritis laudibus ferens. Maestae civitati ab re male gesta et iratae ducibus M. Postumius reus obiectus, qui tribunus militum pro consule ad Veios fuerat, decem milibus aeris grauis damnatur. T. Quinctium collegam eius, quia et in Volscis consul auspicio dictatoris Postumi Tuberti et ad Fidenas legatus dictatoris alterius Mam. Aemili res prospere gesserat, totam culpam eius temporis in praedamnatum collegam transferentem omnes tribus absolverunt. Profuisse ei Cincinnati patris memoria dicitur, venerabilis viri, et exactae iam aetatis Capitolinus Quinctius, suppliciter orans ne se, breui reliquo vitae spatio, tam tristem nuntium ferre ad Cincinnatum paterentur.
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traduzione
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41 In risposta, si racconta, il discorso di Tempanio fu senza fronzoli e serio, alla maniera dei militari; senza vane lodi per s?, n? compiacimento per le altrui colpe. Per quanto riguardava la perizia bellica di Gaio Sempronio, disse che non spettava certo a un soldato esprimere un giudizio su un generale, ma era spettato al popolo romano quando nei comizi lo aveva scelto come console. Perci? non era a lui che si doveva chiedere un giudizio sui piani di un comandante o sulle astuzie di un console, cose queste che avrebbero richiesto una profonda riflessione anche da parte di persone di grande cuore e intelligenza. Ma poteva riferire quello che aveva visto. Prima di rimanere isolato dal resto delle truppe, aveva visto il console combattere in prima linea, incoraggiare i suoi e aggirarsi tra le insegne romane e i dardi nemici. In s?guito, tagliato fuori dalla vista dei suoi, dallo strepito e dalle urla aveva capito che la battaglia era durata fino al calar della notte, e riteneva che, data la gran quantit? di nemici, non fosse stato possibile sfondare in direzione della collina dove lui si era attestato. Ignorava dove si trovasse l'esercito. Ma come nel momento critico lui e i compagni erano andati a mettersi al riparo sfruttando le difese naturali della posizione, supponeva che anche il console, per salvare l'esercito, fosse andato ad accamparsi in un luogo pi? sicuro. A suo parere i Volsci non versavano in condizioni migliori di quelle dei Romani. L'oscurit? e le circostanze avevano tratto in errore entrambi gli eserciti. E avendo infine pregato che non lo trattenessero pi? a lungo, stremato com'era dalla fatica e dalle ferite, fu congedato con grandi elogi, non solo per il coraggio, ma anche per la moderazione. Nel frattempo il console era gi? arrivato al tempio della Quiete sulla via Labicana. E l? dalla citt? furono inviati carri e bestie da soma per riportare indietro l'esercito sfibrato dalla battaglia e dalla marcia notturna. Poco dopo il console entr? in citt? e si affrett? a ricoprire Tempanio di meritate lodi pi? che a discolpare se stesso. Mentre la citt? era in angustie per l'insuccesso e sdegnata nei confronti dei comandanti, Marco Postumio, che a Veio era stato tribuno militare con potere consolare, fu offerto come imputato e condannato al pagamento di 10.000 assi pesanti. Il suo collega Tito Quinzio, che era uscito vincitore sia contro i Volsci come console sotto il comando del dittatore Postumio Tuberto, sia contro Fidene come luogotenente dell'altro dittatore Mamerco Emilio, riversando sul collega gi? condannato tutta la responsabilit? di quella giornata, fu assolto da tutte le trib?. Si dice che gli siano stati di aiuto il ricordo del padre Cincinnato, uomo degno di grande rispetto, e Quinzio Capitolino, allora gi? molto avanti negli anni, il quale supplicava di evitare che proprio a lui, che aveva poco da vivere, toccasse riferire a Cincinnato una notizia cos? triste.
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