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brano
 
Livio
Ab urbe condita IV, 43
 
originale
 
[43] Proximo anno Num. Fabio Vibulano T. Quinctio Capitolini filio Capitolino consulibus ductu Fabii, cui sorte ea prouincia euenerat, nihil dignum memoratu actum. Cum trepidam tantum ostendissent aciem Aequi, turpi fuga funduntur, haud magno consulis decore. Itaque triumphus negatus, ceterum ob Sempronianae cladis leuatam ignominiam ut ouans urbem intraret concessum est. Quemadmodum bellum minore quam timuerant dimicatione erat perfectum, sic in urbe ex tranquillo necopinata moles discordiarum inter plebem ac patres exorta est, coepta ab duplicando quaestorum numero. Quam rem?praeter duos urbanos ut crearentur alii quaestores duo qui consulibus ad ministeria belli praesto essent?a consulibus relatam cum et patres summa ope adprobassent, tribuni plebi certamen intulerunt ut pars quaestorum?nam ad id tempus patricii creati erant?ex plebe fieret. Adversus quam actionem primo et consules et patres summa ope adnisi sunt concedendo deinde ut quemadmodum in tribunis consulari potestate creandis, sic in quaestoribus liberum esset arbitrium populi, cum parum proficerent, totam rem de augendo quaestorum numero omittunt. Excipiunt omissam tribuni, aliaeque subinde, inter quas et agrariae legis, seditiosae actiones exsistunt; propter quos motus cum senatus consules quam tribunos creari mallet, neque posset per intercessiones tribunicias senatus consultum fieri, res publica a consulibus ad interregnum, neque id ipsum?nam coire patricios tribuni prohibebant?sine certamine ingenti, redit. Cum pars maior insequentis anni per novos tribunos plebi et aliquot interreges certaminibus extracta esset, modo prohibentibus tribunis patricios coire ad prodendum interregem, modo interregem interpellantibus ne senatus consultum de comitiis consularibus faceret, postremo L. Papirius Mugillanus proditus interrex, castigando nunc patres, nunc tribunos plebi, desertam omissamque ab hominibus rem publicam, deorum prouidentia curaque exceptam memorabat Veientibus indutiis et cunctatione Aequorum stare. Unde si quid increpet terroris, sine patricio magistratu placere rem publicam opprimi? Non exercitum, non ducem scribendo exercitui esse? An bello intestino bellum externum propulsaturos? Quae si in unum conveniant, vix deorum opibus quin obruatur Romana res resisti posse. Quin illi, remittendo de summa quisque iuris mediis consiliis copularent concordiam, patres patiendo tribunos militum pro consulibus fieri, tribuni plebi non intercedendo quo minus quattuor quaestores promisce de plebe ac patribus libero suffragio populi fierent?
 
traduzione
 
43 L'anno successivo divennero consoli Numerio Fabio Vibulano e Tito Quinzio Capitolino, figlio di Capitolino. Sotto il comando di Fabio, cui erano toccate in sorte le operazioni contro gli Equi, non ci furono episodi degni di nota. Gli Equi erano appena riusciti a mettere in mostra un timido schieramento di battaglia che i Romani li sbaragliarono, senza quindi grande gloria per il console. Perci? gli venne negato il trionfo, ma per aver cancellato l'onta della disfatta subita da Sempronio, gli fu concesso di entrare in citt? con gli onori dell'ovazione. Mentre la guerra si era conclusa con uno scontro di dimensioni ridotte rispetto a quanto si temeva, in citt? la calma fu interrotta da contrasti di imprevista gravit? tra plebei e patrizi, dovuti alla proposta di raddoppiare il numero dei questori. Questa proposta, che prevedeva si eleggessero, oltre ai due questori urbani, altri due destinati ad assistere i consoli nell'amministrazione bellica, era stata avanzata dai consoli, e i senatori l'avevano appoggiata con entusiasmo. Ma i tribuni della plebe diedero battaglia perch? una parte dei nuovi questori, che fino a quel giorno erano stati eletti solo fra i patrizi, fosse scelta tra la plebe. Sulle prime sia i consoli che i senatori fecero di tutto per opporsi a questa rivendicazione. In s?guito concessero che, cos? come nell'elezione dei tribuni militari con potere consolare, allo stesso modo nella nomina dei questori il popolo avesse libert? assoluta di scelta. Poi, vedendo gli scarsi risultati ottenuti, abbandonano del tutto la proposta di aumentare il numero dei questori. I tribuni riprendono la proposta che era stata abbandonata, e inoltre altre proposte sediziose, tra cui anche quella di una legge agraria. A causa di tali contrasti il senato prefer? eleggere i consoli anzich? i tribuni militari. Ma dato che l'intervento dei tribuni non permise di emanare un decreto, la repubblica pass? dal consolato all'interregno. Nemmeno questo fu per? esente da gravi disordini, perch? i tribuni impedivano ai senatori di riunirsi. La maggior parte dell'anno successivo si trascin? in scontri tra i nuovi tribuni e alcuni interr?: a seconda infatti del momento, i tribuni impedivano ai senatori di riunirsi per nominare un interr?, o all'interr? di emanare un decreto senatoriale sull'elezione dei consoli. Alla fine fu nominato interr? Lucio Papirio Mugillano il quale, stigmatizzando sia i senatori, sia i tribuni della plebe, ricordava che la repubblica, abbandonata e trascurata dagli uomini, ma sostenuta dalla provvidenza e dalla cura degli d?i, continuava a reggersi in piedi grazie alla tregua con i Veienti e alle esitazioni degli Equi. Tuttavia, se da quella parte fossero arrivati allarmanti segnali, erano contenti che la repubblica, priva di magistrati patrizi, venisse schiacciata? Che non ci fossero n? un esercito n? un comandante per arruolarlo? O avrebbero respinto una guerra esterna con una guerra civile? Se l'una e l'altra fossero esplose insieme, a stento con l'aiuto degli d?i si sarebbe potuto evitare che la potenza romana venisse travolta. Perch? invece, rinunciando ciascuno a una parte dei propri diritti, non si sforzavano di trovare un accordo su una posizione intermedia, i senatori accettando che al posto dei consoli fossero eletti i tribuni militari, e i tribuni della plebe non opponendosi all'elezione di quattro questori scelti indistintamente tra patrizi e plebei con il libero voto del popolo?
 

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