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autore
brano
 
Livio
Ab urbe condita IV, 47
 
originale
 
[47] Transierat ex re bene gesta superbia neglegentiaque ad Aequos, quae in Romanis ducibus fuerat. Itaque primo statim proelio cum dictator equitatu immisso antesignanos hostium turbasset, legionum inde signa inferri propere iussit signiferumque ex suis unum cunctantem occidit. Tantus ardor ad dimicandum fuit ut impetum Aequi non tulerint; victique acie cum fuga effusa petissent castra, breuior tempore et certamine minor castrorum oppugnatio fuit quam proelium fuerat. Captis direptisque castris cum praedam dictator militi concessisset, secutique fugientem ex castris hostem equites renuntiassent omnes Labicanos victos, magnam partem Aequorum Labicos confugisse, postero die ad Labicos ductus exercitus oppidumque corona circumdata scalis captum ac direptum est. Dictator exercitu victore Romam reducto, die octauo quam creatus erat, magistratu se abdicavit; et opportune senatus priusquam ab tribunis plebi agrariae seditiones mentione inlata de agro Labicano dividendo fierent, censuit frequens coloniam Labicos deducendam. Coloni ab urbe mille et quingenti missi bina iugera acceperunt. Captis Labicis, ac deinde tribunis militum consulari potestate Agrippa Menenio Lanato et C. Seruilio Structo et P. Lucretio Tricipitino, iterum omnibus his, et Sp. Rutilio Crasso, et insequente anno A. Sempronio Atratino tertium, et duobus iterum, M. Papirio Mugillano et Sp. Nautio Rutulo, biennium tranquillae externae res, discordia domi ex agrariis legibus fuit.
 
traduzione
 
47 In s?guito al successo ottenuto, erano passati agli Equi l'arroganza e la negligenza gi? dei comandanti romani. Cos? il dittatore, buttatosi all'assalto con la cavalleria e avendo scompigliato sin da s?bito le prime linee dei nemici, ordin? alle legioni di avanzare rapidamente e uccise uno dei suoi vessilliferi che esitava. Le truppe si gettarono nella mischia con tale accanimento che gli Equi non riuscirono a reggere l'urto, e, sconfitti sul campo, si diressero con una fuga disordinata verso l'accampamento; questo fu espugnato dai Romani in meno tempo e lotta che nella battaglia. Preso e saccheggiato l'accampamento, il dittatore concesse il bottino ai soldati. I cavalieri, che avevano inseguito i nemici fuggiti dal campo, riferirono che tutti i Labicani vinti e buona parte degli Equi si erano rifugiati a Labico. Il giorno dopo l'esercito giunse a Labico; la citt?, circondata, fu presa facendo uso di scale e saccheggiata. Il dittatore riport? a Roma l'esercito vincitore e rinunci? alla carica otto giorni dopo essere stato eletto. Poi, opportunamente, prima che i tribuni della plebe fomentassero disordini per la legge agraria proponendo la distribuzione del territorio labicano, il senato, a grande maggioranza, stabil? di fondare una colonia a Labico. Mille e cinquecento coloni furono inviati da Roma e ciascuno di loro ricevette 2.000 iugeri di terra. Dopo la conquista di Labico si ebbero come tribuni militari con potere consolare Agrippa Menenio Lanato, Gaio Servilio Strutto e Publio Lucrezio Tricipitino, tutti per la seconda volta, e Spurio Rutilio Crasso; l'anno successivo Aulo Sempronio Atratino, per la terza volta, Marco Papirio Mugillano e Spurio Nauzio Rutilio, entrambi per la seconda volta. Per due anni vi furono rapporti tranquilli con l'esterno e disordini interni dovuti alle leggi agrarie.
 

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