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Progetto
Ovidio - database
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Livio
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Ab urbe condita IV, 48
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originale
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[48] Turbatores volgi erant Sp. Maecilius quartum et M. Metilius tertium tribuni plebis, ambo absentes creati. Ei cum rogationem promulgassent ut ager ex hostibus captus viritim divideretur, magnaeque partis nobilium eo plebiscito publicarentur fortunae?nec enim ferme quicquam agri, ut in urbe alieno solo posita, non armis partum erat, nec quod venisset adsignatumue publice esset praeterquam plebs habebat,?atrox plebi patribusque propositum videbatur certamen. Nec tribuni militum, nunc in senatu, nunc conciliis privatis principum cogendis, viam consilii inveniebant, cum Ap. Claudius, nepos eius qui decemuir legibus scribendis fuerat, minimus natu ex patrum concilio, dicitur dixisse vetus se ac familiare consilium domo adferre; proavum enim suum Ap. Claudium ostendisse patribus viam unam dissolvendae tribuniciae potestatis per collegarum intercessionem. Facile homines novos auctoritate principum de sententia deduci, si temporum interdum potius quam maiestatis memor adhibeatur oratio. Pro fortuna illis animos esse; ubi videant collegas principes agendae rei gratiam omnem ad plebem praeoccupasse nec locum in ea relictum sibi, haud gravate acclinaturos se ad causam senatus, per quam cum universo ordini, tum primoribus se patrum concilient. Adprobantibus cunctis et ante omnes Q. Seruilio Prisco, quod non degenerasset ab stirpe Claudia, conlaudante iuvenem, negotium datur ut quos quisque posset ex collegio tribunorum ad intercessionem perlicerent. Misso senatu, prensantur ab principibus tribuni. Suadendo monendo pollicendoque, gratum id singulis privatim, gratum universo senatui fore, sex ad intercessionem comparavere. Posteroque die cum ex composito relatum ad senatum esset de seditione quam Maecilius Metiliusque largitione pessimi exempli concirent, eae orationes a primoribus patrum habitae sunt ut pro se quisque iam nec consilium sibi suppetere diceret, nec se ullam opem cernere aliam usquam praeterquam in tribunicio auxilio; in eius potestatis fidem circumventam rem publicam, tamquam privatum inopem, confugere; praeclarum ipsis potestatique esse, non ad vexandum senatum discordiamque ordinum movendam plus in tribunatu virium esse quam ad resistendum improbis collegis. Fremitus deinde universi senatus ortus, cum ex omnibus patribus curiae tribuni appellarentur. Tum silentio facto ii qui praeparati erant gratia principum, quam rogationem a collegis promulgatam senatus censeat dissolvendae rei publicae esse, ei se intercessuros ostendunt. Gratiae intercessoribus ab senatu actae. Latores rogationis contione advocata proditores plebis commodorum ac servos consularium appellantes aliaque truci oratione in collegas inuecti, actionem deposuere.
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traduzione
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48 Chi fomentava il volgo erano i tribuni della plebe Spurio Mecilio, al quarto mandato, e Marco Metilio, al terzo, entrambi eletti pur non essendo a Roma. Essi avevano presentato una proposta di legge in base alla quale la terra tolta al nemico doveva essere divisa un tanto a testa; questo decreto del popolo avrebbe portato alla confisca delle fortune di gran parte dei nobili; infatti, com'era normale per una citt? situata su suolo altrui, non esisteva probabilmente un solo palmo di terra che non fosse stato conquistato con le armi e la plebe non possedeva altro se non gli appezzamenti venduti o assegnati dallo Stato, per questo si profilava uno scontro durissimo tra plebe e patrizi. N? in senato, n? nelle riunioni private che tenevano con le personalit? pi? in vista, i tribuni militari riuscivano a trovare sulla questione una via d'uscita. Allora Appio Claudio, nipote dell'Appio Claudio che era stato tra i decemviri addetti alla stesura delle leggi, pur essendo il pi? giovane fra i senatori, disse, a quanto si racconta, che da casa portava un espediente antico e familiare. Infatti era stato il suo bisavolo Appio Claudio a indicare ai patrizi come unico mezzo per annientare la potest? tribunizia l'opposizione dei colleghi. Gli uomini nuovi alle cariche pubbliche, diceva, facilmente si lasciano indurre a cambiar idea dall'autorit? dei maggiorenti qualora questi adattino i loro discorsi una volta tanto alle circostanze e non alla dignit? del loro rango. Gli umori di persone come i tribuni mutano secondo la situazione: non appena avessero visto come il favore popolare andava tutto a quei colleghi che, senza lasciare spazio a loro, promuovevano per primi qualche iniziativa, allora avrebbero abbracciato senza alcuna esitazione la causa del senato, per guadagnarsi le simpatie dell'intero ordine e soprattutto quelle dei senatori pi? autorevoli. Tutti approvarono e in particolare Quinto Servilio Prisco lod? il giovane perch? non aveva tralignato dalla stirpe dei Claudi. Quindi a ciascuno, per quel che poteva, venne dato l'incarico di indurre al veto qualche membro del collegio dei tribuni. Tolta la seduta, i senatori cominciarono ad avvicinare i tribuni. Con argomenti persuasivi, con esortazioni e con l'assicurazione che il loro gesto sarebbe risultato gradito ai singoli e a tutto il senato, riuscirono a convincere sei tribuni a porre il veto. Quando il giorno dopo - come precedentemente convenuto - si rifer? al senato la sedizione fomentata da Mecilio e Metilio con la loro deleteria proposta di riforma agraria, il tenore dei discorsi pronunciati dai senatori pi? autorevoli era tale che ciascuno, per parte sua, diceva di non saper ormai quale suggerimento dare e di non vedere nessun'altra soluzione se non nell'aiuto dei tribuni: la repubblica ormai in stato d'assedio si affidava alla loro protezione, come un cittadino bisognoso d'aiuto. Era motivo di onore per i tribuni e per la loro carica che il tribunato non si opponesse ai colleghi malvagi con minore decisione di quanta ne dimostrasse nell'attaccare il senato e nel suscitare discordie tra i diversi ordini sociali. Per tutto il senato sorse allora un mormorio e da ogni parte della curia si invocavano i tribuni. Poi, una volta tornato il silenzio, i tribuni predisposti dalle pressioni dei capi patrizi dichiararono di esser pronti a opporre il proprio veto alla proposta presentata dai colleghi, proposta che il senato riteneva potesse sovvertire la repubblica. Il senato ringrazi? coloro che avevano opposto il veto. I tribuni che invece avevano presentato la proposta di legge, convocata l'assemblea, chiamarono i colleghi traditori degli interessi della plebe e servi dei consoli, e, dopo aver inveito contro di loro con parole ancora pi? dure, rinunciarono all'iniziativa.
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