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Ovidio


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Livio
Ab urbe condita IV, 49
 
originale
 
[49] Duo bella insequens annus habuisset, quo P. Cornelius Cossus C. Valerius Potitus Q. Quinctius Cincinnatus Num. Fabius Vibulanus tribuni militum consulari potestate fuerunt, ni Veiens bellum religio principum distulisset, quorum agros Tiberis super ripas effusus maxime ruinis villarum vastavit. Simul Aequos triennio ante accepta clades prohibuit Bolanis, suae gentis populo, praesidium ferre. Excursiones inde in confinem agrum Labicanum factae erant novisque colonis bellum inlatum. Quam noxam cum se consensu omnium Aequorum defensuros sperassent, deserti ab suis, ne memorabili quidem bello, per obsidionem levemque unam pugnam et oppidum et fines amisere. Temptatum ab L. Decio tribuno plebis ut rogationem ferret qua Bolas quoque, sicut Labicos, coloni mitterentur, per intercessionem collegarum qui nullum plebi scitum nisi ex auctoritate senatus passuros se perferri ostenderunt, discussum est. Bolis insequente anno receptis Aequi coloniaque eo deducta novis viribus oppidum firmarunt, tribunis militum Romae consulari potestate Cn. Cornelio Cosso L. Valerio Potito Q. Fabio Vibulano iterum M. Postumio Regillensi. Huic bellum adversus Aequos permissum est, pravae mentis homini, quam tamen victoria magis quam bellum ostendit. Nam exercitu impigre scripto ductoque ad Bolas cum leuibus proeliis Aequorum animos fregisset, postremo in oppidum inrupit. Deinde ab hostibus in ciues certamen vertit et cum inter oppugnationem praedam militis fore edixisset, capto oppido fidem mutavit. Eam magis adducor ut credam irae causam exercitui fuisse, quam quod in urbe nuper direpta coloniaque nova minus praedicatione tribuni praedae fuerit. Auxit eam iram, postquam ab collegis arcessitus propter seditiones tribunicias in urbem revertit, audita vox eius in contione stolida ac prope vecors, qua M. Sextio tribuno plebis legem agrariam ferenti, simul Bolas quoque ut mitterentur coloni laturum se dicenti?dignum enim esse qui armis cepissent, eorum urbem agrumque Bolanum esse?"Malum quidem militibus meis" inquit, "nisi quieuerint." Quod auditum non contionem magis quam mox patres offendit. Et tribunus plebis, vir acer nec infacundus, nactus inter adversarios superbum ingenium immodicamque linguam, quam inritando agitandoque in eas impelleret voces quae invidiae non ipsi tantum sed causae atque universo ordini essent, neminem ex collegio tribunorum militum saepius quam Postumium in disceptationem trahebat. Tum vero secundum tam saevum atque inhumanum dictum "Auditis" inquit, "Quirites, sicut seruis malum minantem militibus? Tamen haec belua dignior vobis tanto honore videbitur quam qui vos urbe agrisque donatos in colonias mittunt, qui sedem senectuti vestrae prospiciunt, qui pro vestris commodis adversus tam crudeles superbosque adversarios depugnant? Incipite deinde mirari cur pauci iam vestram suscipiant causam. Quid ut a vobis sperent? An honores, quos adversariis vestris potius quam populi Romani propugnatoribus datis? Ingemuistis modo voce huius audita. Quid id refert? Iam si suffragium detur, hunc qui malum vobis minatur, iis qui agros sedesque ac fortunas stabilire volunt praeferetis".
 
traduzione
 
49 L'anno successivo - durante il quale furono tribuni militari con potere consolare Publio Cornelio Cosso, Gaio Valerio Potito, Quinto Quinzio Cincinnato e Numerio Fabio Vibulano -, ci sarebbero state due guerre se non fosse stata ritardata da uno scrupolo religioso dei loro capi quella contro i Veienti, le cui terre furono devastate dallo straripamento del Tevere che travolse soprattutto le fattorie nelle campagne. Nello stesso periodo, la disfatta subita tre anni prima non consent? agli Equi di portare aiuto ai Bolani, una popolazione che apparteneva alla loro stirpe. Costoro avevano fatto delle incursioni nel limitrofo territorio di Labico e attaccato i nuovi coloni. Ma, mentre avevano sperato che tutti gli Equi approvassero e difendessero quel misfatto, abbandonati dai loro, persero terre e citt? in una guerra che non merita neppure di essere descritta perch? si ridusse a un assedio da nulla e a una sola battaglia. Il tentativo del tribuno della plebe Lucio Decio di far passare una legge in base alla quale anche a Bola - come gi? a Labico - si sarebbero inviati dei coloni, fall? per l'opposizione dei colleghi, i quali dichiararono che non avrebbero permesso il passaggio di alcun decreto del popolo privo dell'autorizzazione del senato. L'anno seguente gli Equi riconquistarono Bola e, dopo avervi mandato coloni, la protessero con nuove forze, mentre a Roma erano tribuni militari con potere consolare Gneo Cornelio Cosso, Lucio Valerio Potito, Quinto Fabio Vibulano, per la seconda volta, e Marco Postumio Regillense. La campagna contro gli Equi fu affidata a quest'ultimo, uomo di indole malvagia, anche se essa si manifest? pi? nell'ora della vittoria che durante la guerra. Arruolato tempestivamente un esercito, egli lo condusse a Bola e, dopo aver fiaccato con scaramucce la baldanza degli Equi, fece irruzione nella citt?. Quindi spost? la lotta dai nemici contro i concittadini e, sebbene durante l'assedio avesse dichiarato che il bottino sarebbe stato dei soldati, una volta conquistata la citt? manc? di parola. Per quanto mi riguarda credo che fu proprio questa la causa del risentimento delle truppe, e non la scarsit?, rispetto alle promesse del tribuno, del bottino trovato in una citt? saccheggiata poco tempo prima e aperta di recente a nuovi coloni. L'irritazione crebbe quando Postumio rientr? a Roma richiamato dai colleghi a causa dei disordini provocati dai tribuni, e pronunci? in assemblea una frase stupida e insensata: mentre il tribuno della plebe Marco Sestio, che proponeva una legge agraria, disse che nel contempo avrebbe avanzato anche la proposta di inviare coloni a Bola - perch? era giusto che la citt? e le terre di Bola andassero a chi le aveva conquistate con le armi -, Postumio esclam?: ?Guai ai miei soldati se non staranno tranquilli!? Questa frase irrit? i senatori non meno dei partecipanti all'assemblea. Il tribuno della plebe, uomo energico e non privo di eloquenza, avendo trovato un avversario dal carattere arrogante e dalla lingua sfrenata, che, aizzato e punzecchiato, avrebbe finito per usare espressioni tali da rendere odiose non solo la sua persona, ma anche la sua causa e l'intera classe patrizia, cercava di trascinare a discutere Postumio pi? di ogni altro membro del collegio dei tribuni militari. Quando ebbe udito quella frase brutale e spietata, subito Marco Sestio esclam?: ?Ma lo sentite, o Quiriti, che minaccia di punire i suoi soldati come se fossero schiavi? E tuttavia questa belva vi sembrer? pi? degna di alti onori di quelli che vi regalano terre e citt?, vi aprono colonie, vi procurano una casa per la vecchiaia, e per fare i vostri interessi combattono contro nemici tanto feroci e arroganti? Cominciate a domandarvi perch? pochi ormai abbracciano la vostra causa. E cosa dovrebbero aspettarsi da voi? Forse le cariche che preferite affidare ai vostri avversari, piuttosto che ai difensori del popolo romano? Poco fa vi ha ferito sentire le parole di costui. Ma ci? ha importanza? Se doveste votare ora, preferireste costui, che minaccia di punirvi, a quanti vogliono assicurarvi terre, case e patrimoni.?
 

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