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Progetto
Ovidio - database
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Livio
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Ab urbe condita V, 29
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originale
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[29] Tribunorum plebis actiones quia nondum inuenerant finem, et plebs continuare latoribus legis tribunatum et patres reficere intercessores legis adnisi sunt; sed plus suis comitiis plebs ualuit; quem dolorem ulti patres sunt senatus consulto facto ut consules, inuisus plebi magistratus, crearentur. Annum post quintum decimum creati consules L. Lucretius Flauus Ser. Sulpicius Camerinus. Principio huius anni ferociter quia nemo ex collegio intercessurus erat coortis ad perferendam legem tribunis plebis nec segnius ob id ipsum consulibus resistentibus omnique ciuitate in unam eam curam conuersa, Vitelliam coloniam Romanam in suo agro Aequi expugnant. Colonorum pars maxima incolumis, quia nocte proditione oppidum captum liberam per auersa urbis fugam dederat, Romam perfugere. L. Lucretio consuli ea prouincia euenit. Is cum exercitu profectus acie hostes uicit, uictorque Romam ad maius aliquanto certamen redit. Dies dicta erat tribunis plebis biennii superioris A. Verginio et Q. Pomponio, quos defendi patrum consensu ad fidem senatus pertinebat; neque enim eos aut uitae ullo crimine alio aut gesti magistratus quisquam arguebat praeterquam quod gratificantes patribus rogationi tribuniciae intercessissent. Vicit tamen gratiam senatus plebis ira et pessimo exemplo innoxii denis milibus grauis aeris condemnati sunt. Id aegre passi patres; Camillus palam sceleris plebem arguere quae iam in suos uersa non intellegeret se prauo iudicio de tribunis intercessionem sustulisse, intercessione sublata tribuniciam potestatem euertisse; nam quod illi sperarent effrenatam licentiam eius magistratus patres laturos, falli eos. Si tribunicia uis tribunicio auxilio repelli nequeat, aliud telum patres inuenturos esse; consulesque increpabat quod fide publica decipi tribunos eos taciti tulissent qui senatus auctoritatem secuti essent. Haec propalam contionabundus in dies magis augebat iras hominum.
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traduzione
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29 Siccome la proposta avanzata dai tribuni della plebe non aveva ancora avuto una realizzazione pratica, i plebei fecero di tutto per prolungare la magistratura ai sostenitori di quell'iniziativa, mentre i patrizi si adoperarono per rieleggere quegli stessi uomini che avevano cercato di ostacolarla. Ma la plebe nei suoi comizi ebbe la meglio, cosa dolorosa, di cui i patrizi si vendicarono s?bito facendo votare in senato un decreto che prevedeva l'elezione di consoli, cio? una magistratura da sempre in odio ai plebei. Cos?, dopo un intermezzo di quindici anni vennero eletti consoli Lucio Lucrezio Flavo e Servio Sulpicio Camerino. All'inizio dell'anno, mentre i tribuni della plebe davano battaglia tutti insieme con estremo accanimento per far passare la legge (approfittando del fatto che nessun membro del loro collegio era intenzionato a opporsi con l'esercizio del veto), per lo stesso motivo i consoli dimostravano non minore accanimento nell'opporsi al passaggio della proposta. Cos?, mentre l'intera citt? era concentrata su quell'unica questione, gli Equi si impadronirono della colonia romana di Vitellia, situata nel loro territorio. La maggior parte dei coloni ripar? sana e salva a Roma grazie al fatto che, essendo stata la fortezza presa durante la notte per tradimento, riuscirono a fuggire dalla parte opposta dell'abitato. Il comando delle operazioni tocc? al console Lucio Lucrezio che part? a capo di un esercito e sbaragli? i nemici in battaglia. Quindi rientr? da vincitore a Roma, dove lo attendeva uno scontro ben pi? grave. Aulo Verginio e Quinto Pomponio, tribuni della plebe dell'anno precedente, erano stati citati in giudizio e per volont? unanime dei patrizi era per il senato motivo di onore accollarsene la difesa. Infatti contro i due ex-magistrati non c'era alcuna altra imputazione relativa a reati commessi nella vita privata o durante l'esercizio delle proprie funzioni, se non quella di aver esercitato il proprio diritto di veto contro la legge proposta dai tribuni e di averlo fatto solo per compiacere i senatori. Ci? non ostante il risentimento della plebe ebbe la meglio sull'influenza politica dei senatori e cos?, con un pessimo precedente per gli anni a venire, degli innocenti vennero condannati al pagamento di un'ammenda di 2.000 assi. Il verdetto suscit? l'indignazione dei senatori. Camillo accusava apertamente la plebe di aver commesso un delitto perch?, essendosi ormai rivolta contro i suoi stessi rappresentanti, non capiva di aver soppresso, grazie a quella sentenza vergognosa contro i tribuni, il diritto di veto, e con la soppressione del diritto di veto di aver abbattuto il potere tribunizio. Perch? se pensavano che i senatori avrebbero tollerato gli eccessi sfrenati di quella magistratura, si sbagliavano di grosso. Se la prepotenza dei tribuni non la si poteva impedire facendo ricorso all'intervento dei tribuni stessi, allora i senatori avrebbero escogitato qualche altro sistema per combatterla. Camillo rimproverava anche i consoli di aver accettato senza protestare il fatto che fosse venuta meno la protezione a quei tribuni che si erano attenuti all'autorit? del Senato. Continuando a esprimere questi concetti in pubblico, Camillo incrementava ogni giorno di pi? l'esasperazione della gente.
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