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Ovidio - database
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Livio
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Ab urbe condita V, 39
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originale
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[39] Gallos quoque uelut obstupefactos miraculum uictoriae tam repentinae tenuit, et ipsi pauore defixi primum steterunt, uelut ignari quid accidisset; deinde insidias uereri; postremo caesorum spolia legere armorumque cumulos, ut mos eis est, coaceruare; tum demum postquam nihil usquam hostile cernebatur uiam ingressi, haud multo ante solis occasum ad urbem Romam perueniunt. Vbi cum praegressi equites non portas clausas, non stationem pro portis excubare, non armatos esse in muris rettulissent, aliud priori simile miraculum eos sustinuit; noctemque ueriti et ignotae situm urbis, inter Romam atque Anienem consedere, exploratoribus missis circa moenia aliasque portas quaenam hostibus in perdita re consilia essent. Romani cum pars maior ex acie Veios petisset quam Romam, nemo superesse quemquam praeter eos qui Romam refugerant crederet, complorati omnes pariter uiui mortuique totam prope urbem lamentis impleuerunt. priuatos deinde luctus stupefecit publicus pauor, postquam hostes adesse nuntiatum est; mox ululatus cantusque dissonos uagantibus circa moenia turmatim barbaris audiebant. omne inde tempus suspensos ita tenuit animos usque ad lucem alteram ut identidem iam in urbem futurus uideretur impetus; primo aduentu, quia accesserant ad urbem,?mansuros enim ad Alliam fuisse nisi hoc consilii foret,?deinde sub occasum solis, quia haud multum diei supererat,?ante noctem [enim] [rati se] inuasuros;?tum in noctem dilatum consilium esse, quo plus pauoris inferrent. Postremo lux appropinquans exanimare, timorique perpetuo ipsum malum continens fuit cum signa infesta portis sunt inlata. Nequaquam tamen ea nocte neque insequenti die similis illi quae ad Alliam tam pauide fugerat ciuitas fuit. Nam cum defendi urbem posse tam parua relicta manu spes nulla esset, placuit cum coniugibus ac liberis iuuentutem militarem senatusque robur in arcem Capitoliumque concedere, armisque et frumento conlato, ex loco inde munito deos hominesque et Romanum nomen defendere; flaminem sacerdotesque Vestales sacra publica a caede, ab incendiis procul auferre, nec ante deseri cultum eorum quam non superessent qui colerent. si arx Capitoliumque, sedes deorum, si senatus, caput publici consilii, si militaris iuuentus superfuerit imminenti ruinae urbis, facilem iacturam esse seniorum relictae in urbe utique periturae turbae. Et quo id aequiore animo de plebe multitudo ferret, senes triumphales consularesque simul se cum illis palam dicere obituros, nec his corporibus, quibus non arma ferre, non tueri patriam possent, oneraturos inopiam armatorum.
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traduzione
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39 Ma anche i Galli, attoniti di fronte a quella vittoria miracolosa ottenuta in maniera cos? repentina, rimasero sulle prime immobili per lo sbigottimento, come se non riuscissero a capacitarsi di quanto era successo. Poi cominciarono a temere l'eventualit? di un'imboscata. E infine si misero a spogliare i caduti, accatastando, com'era loro abitudine, le armi che trovavano. Alla fine, dopo aver rilevato che negli immediati dintorni non c'erano tracce del nemico, si misero in marcia e poco prima del tramonto raggiunsero la periferia di Roma. E quando i cavalieri inviati in avanscoperta tornarono dicendo che le porte non erano chiuse, che davanti alle porte non stazionavano sentinelle e che le mura non erano difese da armati, un nuovo stupore simile a quello provato poco prima li trattenne. Temendo la notte e la zona in cui si trovava quella citt? sconosciuta, si attestarono tra Roma e l'Aniene e di l? inviarono lungo le mura e le altre porte dei distaccamenti di ricognizione con il c?mpito di scoprire quali fossero i piani del nemico in quella situazione ormai disperata. Siccome tra i Romani quelli che dal campo di battaglia erano riparati a Veio erano ben pi? numerosi di quelli rientrati a Roma, in citt? si pensava che gli unici superstiti fossero proprio quelli che si erano rifugiati a Roma e per questo tutti piansero ugualmente tanto i vivi quanto i morti, riempiendo di lamenti quasi tutta la citt?. Quando poi arriv? la notizia che i nemici erano alle porte, il pericolo comune fece passare in secondo piano il dolore dei lutti privati. E gi? si potevano sentire le urla e i canti stonati dei barbari che vagavano a torme lungo le mura. Per tutto il tempo intercorso da quel momento al sorgere del giorno successivo la gente all'interno rimase in uno stato di ansia tale da attendersi pi? volte imminente l'attacco nemico. Prima, quando i Galli apparvero all'orizzonte (visto che erano arrivati a pochi passi dalla citt?): se infatti non avessero avuto intenzione di buttarsi all'assalto, sarebbero certo rimasti sull'Allia. Poi, verso il tramonto, siccome restava ormai ben poca luce, si pens? che avrebbero attaccato prima del calar della notte. In s?guito, si affacci? l'idea che l'azione fosse stata spostata nel corso della notte per incutere maggior terrore. Infine, le prime luci dell'alba gettarono tutti nella costernazione. Quando le truppe nemiche varcarono le porte, alle paure continue tenne dietro la cruda realt? dei fatti. Tuttavia, n? nel corso della notte n? tantomeno durante la giornata che segu?, i cittadini si comportarono come i protagonisti della tanto vergognosa fuga nei pressi dell'Allia. Infatti, visto che non avevano la bench? minima speranza di difendere la citt? con l'esiguo contingente rimasto, si decise che i giovani in et? militare e i senatori ancora in forze si rifugiassero sulla cittadella e sul Campidoglio insieme a mogli e figli, trasportandovi armi e vettovaglie per poi difendere da quel punto fortificato gli d?i, gli uomini e il nome di Roma. Si stabil? anche che il flamine e che le sacerdotesse di Vesta portassero lontano dai luoghi presto teatro di massacri e incendi gli oggetti sacri relativi ai riti pubblici, e che non se ne abbandonasse il culto finch? rimaneva in vista chi potesse celebrarlo. Se la cittadella e il Campidoglio, sedi demandate degli d?i, se il senato, vertice sommo della direzione del paese, se la giovent? in et? militare fossero sopravvissuti al disastro che ormai incombeva su Roma, la morte dei moltissimi anziani rimasti in citt? - i quali erano comunque destinati a morire - sarebbe stata una perdita di minimo conto. E per ottenere che la gran massa dei plebei in et? avanzata sopportasse con maggior rassegnazione la decisione presa, i vecchi che avevano avuto l'onore del trionfo e che erano stati consoli in passato affermarono di essere pronti a morire al loro fianco e di non voler ridurre ulteriormente i viveri gi? scarsi per quelli che combattevano consumandone le scorte con quei loro corpi ormai incapaci di reggere il peso delle armi e di difendere la patria.
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