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Ovidio


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brano
 
Livio
Ab urbe condita VI, 12
 
originale
 
[12] Dictator etsi maiorem dimicationem propositam domi quam foris cernebat, tamen, seu quia celeritate ad bellum opus erat, seu uictoria triumphoque dictaturae ipsi uires se additurum ratus, dilectu habito in agrum Pomptinum, quo a Volscis exercitum indictum audierat, pergit.?non dubito praeter satietatem tot iam libris adsidua bella cum Volscis gesta legentibus illud quoque succursurum, quod mihi percensenti propiores temporibus harum rerum auctores miraculo fuit unde totiens uictis Volscis et Aequis suffecerint milites. quod cum ab antiquis tacitum praetermissum sit, cuius tandem ego rei praeter opinionem, quae sua cuique coniectanti esse potest, auctor sim? simile ueri est aut interuallis bellorum, sicut nunc in dilectibus fit Romanis, alia atque alia subole iuniorum ad bella instauranda totiens usos esse aut non ex iisdem semper populis exercitus scriptos, quamquam eadem semper gens bellum intulerit, aut innumerabilem multitudinem liberorum capitum in eis fuisse locis quae nunc uix seminario exiguo militum relicto seruitia Romana ab solitudine uindicant. ingens certe, quod inter omnes auctores conueniat, quamquam nuper Camilli ductu atque auspicio accisae res erant, Volscorum exercitus fuit; ad hoc Latini Hernicique accesserant et Circeiensium quidam et coloni etiam a Velitris Romani.- dictator castris eo die positis, postero cum auspicato prodisset hostiaque caesa pacem deum adorasset, laetus ad milites iam arma ad propositum pugnae signum, sicut edictum erat, luce prima capientes processit. 'nostra uictoria est, milites' inquit, 'si quid di uatesque eorum in futurum uident. itaque, ut decet certae spei plenos et cum imparibus manus conserturos, pilis ante pedes positis gladiis tantum dextras armemus. ne procurri quidem ab acie uelim sed obnixos uos stabili gradu impetum hostium excipere. ubi illi uana iniecerint missilia et effusi stantibus uobis se intulerint, tum micent gladii et ueniat in mentem unicuique deos esse qui Romanum adiuuent deos qui secundis auibus in proelium miserint. tu, T. Quincti, equitem intentus ad primum initium moti certaminis teneas; ubi haerere iam aciem conlato pede uideris, tum terrorem equestrem occupatis alio pauore infer inuectusque ordines pugnantium dissipa.' sic eques, sic pedes, ut praeceperat, pugnant; nec dux legiones nec fortuna fefellit ducem.
 
traduzione
 
12 Pur rendendosi conto che la minaccia di uno scontro interno era ben pi? preoccupante di quella proveniente dall'estero, ci? non ostante il dittatore - sia perch? la guerra esigeva tempestivit? e sia perch? pensava che con una vittoria e un conseguente trionfo avrebbe potuto rinforzare la propria dittatura, appena effettuata la leva militare, part? alla volta dell'agro Pontino, dove, stando alle informazioni ricevute, i Volsci avevano concentrato l'esercito. A forza di leggere in questi libri di tutte le guerre combattute in continuazione con i Volsci, sono sicuro che i lettori - noia a parte - si domanderanno meravigliati (com'? successo a me quando esaminavo le opere degli storici pi? vicini ai tempi di questi avvenimenti) dove mai Volsci ed Equi, che subivano una sconfitta dietro l'altra, trovassero i rimpiazzi per le file dei loro eserciti. Ma visto che gli antichi hanno passato la questione sotto silenzio, posso avanzare soltanto una semplice opinione personale, alla quale ciascuno pu? arrivare per congettura? ? probabile sia che negli intervalli tra i vari conflitti essi utilizzassero per riprendere le guerre sempre nuove generazioni di giovani - come oggi si verifica nelle leve militari qui a Roma -; oppure non arruolavano gli eserciti attingendo sempre alle stesse genti, anche se poi il popolo che faceva la guerra risultava sempre lo stesso; o ancora non ? escluso che la quantit? di uomini liberi fosse estremamente elevata in zone che oggi non hanno pi? alcun peso quale vivaio militare e solo grazie agli schiavi romani non sono ridotte a deserti. Di certo ? che tutti gli storici concordano nel definire enorme l'esercito dei Volsci, non ostante avesse poco tempo prima sub?to un notevole ridimensionamento numerico sotto il comando e gli auspici di Camillo. A questa forza si erano aggiunti Latini ed Ernici, un certo numero di abitanti di Circei e alcuni coloni romani provenienti da Velletri. Quel giorno il dittatore si accamp?. Il successivo, dopo aver tratto gli auspici, usc? dalla tenda augurale e invoc? il favore degli d?i con l'offerta di una vittima sacrificale. Quindi si present? con volto lieto ai soldati che alle prime luci del giorno si stavano gi? armando, come era stato loro ordinato di fare non appena avessero visto il segnale convenuto per la battaglia. ?O soldati?, disse, ?la vittoria ? nelle nostre mani, se gli d?i e i loro interpreti profetici sanno leggere nel futuro. Perci?, come si conviene a uomini che sono sul punto di affrontare con sicura fiducia nei propri mezzi degli avversari di forza impari, deponiamo i giavellotti e armiamoci soltanto con le spade. Vorrei che nessuno uscisse dai ranghi, ma che sosteneste l'impeto dei nemici resistendo a pie' fermo. Quando i loro colpi saranno andati a vuoto ed essi si getteranno in disordine contro di voi ben attestati al vostro posto, allora brillino le spade e ciascuno si ricordi che gli d?i stanno dalla parte dei Romani, e che sono stati gli d?i a mandarci in battaglia con auspici favorevoli. Tu, Tito Quinzio, bada a tener ferma la cavalleria e aspetta che inizi lo scontro. Quando vedrai le due schiere gi? impegnate nel corpo a corpo, allora con i cavalieri aggiungi nuovo terrore alla paura che gi? possiede i nemici e caricandoli semina lo scompiglio tra le loro fila.? Tanto i cavalieri quanto i fanti combatterono com'era stato loro ordinato. N? il generale venne meno alle sue legioni, n? la fortuna al generale.
 

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