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Ovidio


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autore
brano
 
Livio
Ab urbe condita VI, 35
 
originale
 
[35] Occasio uidebatur rerum nouandarum propter ingentem uim aeris alieni, cuius leuamen mali plebes nisi suis in summo imperio locatis nullum speraret: accingendum ad eam cogitationem esse; conando agendoque iam eo gradum fecisse plebeios unde, si porro adnitantur, peruenire ad summa et patribus aequari tam honore quam uirtute possent. in praesentia tribunos plebis fieri placuit, quo in magistratu sibimet ipsi uiam ad ceteros honores aperirent; creatique tribuni C. Licinius et L. Sextius promulgauere leges omnes aduersus opes patriciorum et pro commodis plebis: unam de aere alieno, ut deducto eo de capite quod usuris pernumeratum esset id quod superesset triennio aequis portionibus persolueretur; alteram de modo agrorum, ne quis plus quingenta iugera agri possideret; tertiam, ne tribunorum militum comitia fierent consulumque utique alter ex plebe crearetur; cuncta ingentia et quae sine certamine maximo obtineri non possent. omnium igitur simul rerum, quarum immodica cupido inter mortales est, agri, pecuniae, honorum discrimine proposito conterriti patres, cum trepidassent publicis priuatisque consiliis, nullo remedio alio praeter expertam multis iam ante certaminibus intercessionem inuento collegas aduersus tribunicias rogationes comparauerunt. qui ubi tribus ad suffragium ineundum citari a Licinio Sextioque uiderunt, stipati patrum praesidiis nec recitari rogationes nec sollemne quicquam aliud ad sciscendum plebi fieri passi sunt. iamque frustra saepe concilio aduocato, cum pro antiquatis rogationes essent, 'bene habet' inquit Sextius; 'quando quidem tantum intercessionem pollere placet, isto ipso telo tutabimur plebem. agitedum comitia indicite, patres, tribunis militum creandis; faxo ne iuuet uox ista ueto, qua nunc concinentes collegas nostros tam laeti auditis.' haud inritae cecidere minae: comitia praeter aedilium tribunorumque plebi nulla sunt habita. Licinius Sextiusque tribuni plebis refecti nullos curules magistratus creari passi sunt; eaque solitudo magistratuum et plebe reficiente duos tribunos et iis comitia tribunorum militum tollentibus per quinquennium urbem tenuit.
 
traduzione
 
35 Un'occasione per un rivolgimento politico sembrava rappresentata dall'enorme carico di debiti, dal quale la plebe non poteva sperare di essere alleviata se non arrivando a collocare suoi rappresentanti nelle cariche di massimo prestigio. Era quindi necessario rivolgere i propri sforzi in quella direzione. Grazie ai continui sforzi e alle agitazioni, i plebei erano gi? arrivati cos? in alto che, se solo avessero continuato a impegnarsi, potevano raggiungere il vertice ed uguagliare i patrizi sul piano degli onori e del potere. Per il momento si decise di eleggere i tribuni della plebe, magistratura che avrebbe loro permesso di arrivare anche alle altre cariche. Vennero eletti Gaio Licinio e Lucio Sestio, i quali proposero solo leggi volte a contrastare l'influenza dei patrizi e a favorire gli interessi della plebe. Uno di questi provvedimenti aveva a che fare con il problema dei debiti e prescriveva che la somma pagata come interesse fosse scalata dal capitale di partenza e che il resto venisse saldato in tre rate annuali di uguale entit?. Un'altra proposta riguardava la limitazione della propriet? terriera, e prevedeva che non si potessero possedere pi? di 500 iugeri pro capite. Una terza proponeva che non si eleggessero pi? tribuni militari e che uno dei due consoli fosse comunque eletto dalla plebe. Si trattava, in ciascuno dei casi, di questioni di estrema importanza e sarebbe stato difficile ottenere il passaggio di leggi del genere senza uno scontro durissimo. Siccome tutte le cose che gli esseri umani desiderano nella maniera pi? smodata - e cio? le propriet? terriere, il denaro e il successo politico - erano state messe simultaneamente in pericolo, i senatori erano allarmatissimi. E dato che nel corso di affannose riunioni pubbliche e private non si era arrivati a escogitare nessun altro rimedio al di fuori dell'esercizio del veto gi? sperimentato in molti altri scontri del passato, i senatori si assicurarono degli appoggi tra i tribuni, in maniera tale che opponessero il loro veto alle proposte dei colleghi. Quando questi ultimi videro che Licinio e Sestio chiamavano le trib? al voto, protetti dalle guardie del corpo dei patrizi, impedirono sia la lettura delle proposte sia lo svolgimento di qualunque altra formalit? prevista per consultare il volere della plebe. E dopo una serie di inutili convocazioni dell'assemblea, essendo praticamente gi? state respinte le proposte avanzate, Sestio disse: ?D'accordo. Visto che volete che il diritto di veto abbia cos? tanto potere, sar? proprio quella l'arma che noi useremo per difendere la plebe. Avanti, o senatori, bandite pure le elezioni per la nomina di tribuni militari: far? in modo che non sia motivo di gioia alcuna questa parola "veto" che ora vi d? cos? tanta soddisfazione ascoltare dal coro concorde dei nostri colleghi.? Queste sue minacce non furono vane: fatta eccezione per edili e tribuni della plebe, non si tenne alcuna elezione. Licinio e Sestio vennero rieletti tribuni della plebe e non permisero la nomina di alcun magistrato curule. Questa carenza di magistrati and? avanti per cinque anni, poich? la plebe continuava a rieleggere i due tribuni e questi ultimi a impedire l'elezione di tribuni militari.
 

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