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Ovidio


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brano
 
Livio
Ab urbe condita VII, 1
 
originale
 
[1] Annus hic erit insignis noui hominis consulatu, insignis nouis duobus magistratibus, praetura et curuli aedilitate; hos sibi patricii quaesiuere honores pro concesso plebi altero consulatu. Plebes consulatum L. Sextio, cuius lege partus erat, dedit: patres praeturam Sp. Furio M. Filio Camillo, aedilitatem Cn. Quinctio Capitolino et P. Cornelio Scipioni, suarum gentium uiris, gratia campestri ceperunt. L. Sextio collega ex patribus datus L. Aemilius Mamercus. Principio anni et de Gallis, quos primo palatos per Apuliam congregari iam fama erat, et de Hernicorum defectione agitata mentio. Cum de industria omnia, ne quid per plebeium consulem ageretur, proferrentur, silentium omnium rerum ac iustitio simile otium fuit, nisi quod non patientibus tacitum tribunis quod pro consule uno plebeio tres patricios magistratus curulibus sellis praetextatos tamquam consules sedentes nobilitas sibi sumpsisset, praetorem quidem etiam iura reddentem et collegam consulibus atque iisdem auspiciis creatum, uerecundia inde imposita est senatui ex patribus iubendi aediles curules creari. Primo ut alternis annis ex plebe fierent conuenerat: postea promiscuum fuit. Inde L. Genucio et Q. Seruilio consulibus et ab seditione et a bello quietis rebus, ne quando a metu ac periculis uacarent, pestilentia ingens orta. Censorem, aedilem curulem, tres tribunos plebis mortuos ferunt, pro portione et ex multitudine alia multa funera fuisse; maximeque eam pestilentiam insignem mors quam matura tam acerba M. Furi fecit. Fuit enim uere uir unicus in omni fortuna, princeps pace belloque priusquam exsulatum iret, clarior in exsilio, uel desiderio ciuitatis quae capta absentis implorauit opem uel felicitate qua restitutus in patriam secum patriam ipsam restituit; par deinde per quinque et uiginti annos?tot enim postea uixit?titulo tantae gloriae fuit dignusque habitus quem secundum a Romulo conditorem urbis Romanae ferrent.
 
traduzione
 
1 Questo anno verr? ricordato per il consolato raggiunto da un 'uomo nuovo' e per la creazione di due nuove magistrature, la pretura e l'edilit? curule. Cariche, queste, che i patrizi pretesero per s? a risarcimento del console concesso alla plebe. Quest'ultima assegn? il consolato a Lucio Sestio, grazie alla cui legge esso era stato conquistato. I patrizi invece, in virt? dell'influenza che vantavano in Campo Marzio, ottennero la pretura per Spurio Furio Camillo, figlio di Marco, e l'edilizia per Gneo Quinzio Capitolino e Publio Cornelio Scipione, uomini appartenenti a famiglie della loro classe. In qualit? di collega di Lucio Sestio venne scelto dai patrizi Lucio Emilio Mamerco. All'inizio dell'anno cominciarono a circolare voci circa i Galli (che, in un primo tempo dispersi in Apulia, pareva si stessero riorganizzando in gruppi) e una defezione da parte degli Ernici. Visto che i patrizi cercavano a bella posta di rimandare ogni iniziativa per evitare che il console plebeo entrasse in azione, la calma generale dette l'impressione che fosse stata proclamata la sospensione dell'attivit? giudiziaria; senonch? i tribuni non erano disposti a tollerare in silenzio che i nobili, a fronte di un unico console plebeo, si fossero assicurati tre magistrati patrizi che indossavano la pretesta e sedevano sugli scanni curuli quasi fossero consoli, e che il pretore amministrasse addirittura la giustizia e fosse stato eletto alla stregua di un collega dei consoli, con i medesimi auspici: per cui il senato non se la sent? di ordinare che gli edili venissero scelti tra i patrizi. Cos?, in un primo tempo, si concord? di nominare, ad anni alterni, edili di provenienza plebea. In s?guito l'elezione avvenne senza distinzioni. Il consolato successivo tocc? a Lucio Genucio e Quinto Servilio. La pace non era minacciata n? da scontri tra fazioni n? da guerre. Ma, come se i Romani non potessero mai essere liberi da paure e da minacce incombenti, ecco che scoppi? una terribile pestilenza. Le fonti riferiscono che morirono un censore, un edile curule e tre tribuni della plebe, e che il numero delle vittime nel resto della popolazione fu analogamente elevato. Ma ci? che rese degna di menzione quella pestilenza fu la morte di Marco Furio, dolorosissima per tutti non ostante lo avesse raggiunto in et? molto avanzata. Egli fu infatti uomo assolutamente impareggiabile in qualunque circostanza della vita. Eccezionale tanto in pace quanto in guerra prima di essere bandito da Roma, si distinse ancor pi? nei giorni dell'esilio: lo testimoniano sia il rimpianto di un'intera citt? che, una volta caduta in mani nemiche, ne implor? l'intervento mentre era assente, sia il trionfo con il quale, riammesso in patria, ristabil? nel contempo le proprie sorti e il destino della patria stessa. Mantenutosi poi per venticinque anni - quanti ancora ne visse da quel giorno - all'altezza di una simile fama, fu ritenuto degno di essere nominato secondo fondatore di Roma dopo Romolo.
 

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