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Ovidio


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autore
brano
 
Livio
Ab urbe condita VII, 33
 
originale
 
[33] Non alias militi familiarior dux fuit omnia inter infimos militum haud grauate munia obeundo. In ludo praeterea militari, cum uelocitatis uiriumque inter se aequales certamina ineunt, comiter facilis; uincere ac uinci uoltu eodem nec quemquam aspernari parem qui se offerret; factis benignus pro re, dictis haud minus libertatis alienae quam suae dignitatis memor; et, quo nihil popularius est, quibus artibus petierat magistratus, iisdem gerebat. Itaque uniuersus exercitus incredibili alacritate adhortationem prosecutus ducis castris egreditur. Proelium, ut quod maxime unquam, pari spe utrimque, aequis uiribus, cum fiducia sui sine contemptu hostium commissum est. Samnitibus ferociam augebant nouae res gestae et paucos ante dies geminata uictoria, Romanis contra quadringentorum annorum decora et conditae urbi aequalis uictoria; utrisque tamen nouus hostis curam addebat. Pugna indicio fuit quos gesserint animos; namque ita conflixerunt ut aliquamdiu in neutram partem inclinarent acies. Tum consul trepidationem iniciendam ratus, quando ui pelli non poterant, equitibus immissis turbare prima signa hostium conatur. Quos ubi nequiquam tumultuantes in spatio exiguo uoluere turmas uidit nec posse aperire in hostes uiam, reuectus ad antesignanos legionum, cum desiluisset ex equo, "nostrum" inquit, "peditum illud, milites, est opus; agitedum, ut me uideritis, quacumque incessero in aciem hostium, ferro uiam facientem, sic pro se quisque obuios sternite; illa omnia, qua nunc erectae micant hastae, patefacta strage uasta cernetis." Haec dicta dederat, cum equites consulis iussu discurrunt in cornua legionibusque in mediam aciem aperiunt uiam. Primus omnium consul inuadit hostem et cum quo forte contulit gradum obtruncat. Hoc spectaculo accensi dextra laeuaque ante se quisque memorandum proelium cient; stant obnixi Samnites, quamquam plura accipiunt quam inferunt uolnera. Aliquamdiu iam pugnatum erat; atrox caedes circa signa Samnitium, fuga ab nulladum parte erat: adeo morte sola uinci destinauerant animis. Itaque Romani cum et fluere iam lassitudine uires sentirent et diei haud multum superesse, accensi ira concitant se in hostem. Tum primum referri pedem atque inclinari rem in fugam apparuit; tum capi, occidi Samnis; nec superfuissent multi, ni nox uictoriam magis quam proelium diremisset. Et Romani fatebantur nunquam cum pertinaciore hoste conflictum, et Samnites, cum quaereretur quaenam prima causa tam obstinatos mouisset in fugam, oculos sibi Romanorum ardere uisos aiebant uesanosque uoltus et furentia ora; inde plus quam ex alia ulla re terroris ortum. Quem terrorem non pugnae solum euentu sed nocturna profectione confessi sunt. Postero die uacuis hostium castris Romanus potitur, quo se omnis Campanorum multitudo gratulabunda effudit.
 
traduzione
 
33 Mai nessun comandante era stato tanto vicino alla truppa, arrivando a condividere il peso del servizio con i soldati semplici. Inoltre, partecipava in maniera cameratesca ai giochi militari, cimentandosi nelle gare di velocit? e di forza tra coetanei: la vittoria e la sconfitta le salutava con la stessa espressione del volto, n? mai disdegnava di misurarsi con chiunque lo sfidasse. Il suo comportamento era affabile quanto lo richiedevano le circostanze, nei discorsi aveva sempre lo stesso riguardo per la libert? altrui e per la propria dignit?. E infine, qualit? questa che lo rendeva ancor pi? popolare, conduceva le magistrature con gli stessi principi con i quali le aveva ottenute. Fu perci? con incredibile prontezza che l'intero esercito accolse le esortazioni del comandante e marci? fuori dall'accampamento. Inizi? una battaglia che, pi? di ogni altra precedente, vedeva pari speranze e pari forze dalle due parti, e una fiducia in se stessi che non cedeva al disprezzo del nemico. La bellicosit? dei Sanniti era accresciuta dalle gesta recenti e dalla doppia vittoria conquistata pochi giorni prima, mentre dalla parte dei Romani stavano quattrocento anni di gloria e una storia trionfale che risaliva ai giorni della fondazione. Ci? non ostante entrambi gli eserciti erano in ansia all'idea di affrontare un nemico mai visto prima. La battaglia prov? quanto essi fossero risoluti, perch? combatterono in modo cos? accanito che per qualche tempo nessuno dei due schieramenti cedette. Allora il console, per incutere paura a un nemico che non riusciva a far indietreggiare con la forza, tent? di gettare lo scompiglio nelle prime file avversarie con una carica di cavalleria. Ma quando si rese conto che l'agitarsi confuso delle schiere impegnate a manovrare in uno spazio ristretto non portava a risultati e non gli permetteva di aprire una breccia tra i nemici, tornato dai soldati della prima linea, scese da cavallo e disse loro: ?C'? bisogno di noi fanti, o soldati, per questa manovra! Avanti, quando mi vedrete farmi strada a colpi di spada, in qualunque punto della linea nemica io mi lancer? all'assalto, allo stesso modo ciascuno di voi abbatta tutti quelli che gli si pareranno di fronte. Tutte le lance che ora vedete brillare diritte, saranno distese a terra in una immane carneficina?. Aveva appena finito di dire queste cose, che i cavalieri, ottemperando all'ordine del console, si gettarono a briglia sciolta verso le ali, aprendo cos? la via alle legioni nella parte centrale dello schieramento avversario. Il console fu il primo a lanciarsi contro il nemico, uccidendo il soldato che gli aveva sbarrato il passo. Esaltati a questa vista, i Romani schierati all'ala destra e alla sinistra - ciascuno per se stesso - accesero una mischia memorabile. I Sanniti resistevano, subendo per? pi? colpi di quanti non ne riuscissero a dare. La battaglia infuriava gi? da tempo: intorno alle insegne dei Sanniti il massacro era spaventoso, ma nessuno dei reparti accennava alla fuga, tanto erano determinati a non farsi sopraffare se non dalla morte. E cos? i Romani, rendendosi conto che le forze stavano scemando per la stanchezza e che ormai restava ben poca luce, si gettarono contro il nemico carichi di rabbia. Allora ci furono i primi segni di cedimento e le avvisaglie di una rotta imminente; i Sanniti vennero catturati, uccisi (e non ne sarebbero sopravvissuti molti, se la notte non avesse interrotto quella che era una vittoria pi? che una battaglia). I Romani ammettevano di non aver mai combattuto con un nemico pi? tenace, mentre i Sanniti, essendo loro stato domandato che cosa li avesse spinti, nella loro determinazione, alla fuga, dicevano di aver visto il fuoco negli occhi dei Romani, e un folle furore nei loro sguardi. Era stato questo, pi? di ogni altra cosa, a terrorizzarli. E quel panico essi ammisero di averlo provato non solo nelle fasi conclusive della battaglia, ma anche nella fuga che segu? durante la notte. Il giorno seguente i Romani presero l'accampamento deserto, dove si and? a riversare l'intera popolazione di Capua per congratularsi della vittoria.
 

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